Apertura straordinaria per la Fondazione Arena di Verona con l’Aida di Giuseppe Verdi che compie 150 anni dalla sua prima rappresentazione ed il Maestro Riccardo Muti che appone la sua firma sulla rappresentazione inaugurale. Da profondo conoscitore del Maestro delle Roncole, costantemente votato allo scavo della partitura ed alla ricerca di ciò che l’autore chiede venga eseguito nelle sue composizioni, il Maestro ha sempre dichiarato di avere una particolare propensione per Verdi a cui ha dedicato e continua a dedicare tutto il suo impegno, coinvolgimento e passione, forse più di qualsiasi altro compositore.
Spettacolo proposto in forma di concerto, che se anche non offre le stesse emozioni di un allestimento completo, in questo caso ha permesso di creare un particolare feeling tra orchestra, cantanti e Direttore, così attento a tirar fuori da ciascuno l’anima del proprio personaggio, a catturarne lo spirito tanto quanto in uno spettacolo con movimenti scenici, costumi e quant’altro. Emozione pura ogni gesto, espressione, cadenza: tutto in funzione della parola, questo elemento tanto spesso bistrattato e dimenticato da chi cerca solo una prestazione vocale per esibire le proprie qualità timbriche. Le voci stesse sono esaltate da un intimismo che sottolinea qualità tecniche e duttilità che solo le grandi interpretazioni possono sfoggiare. Grazie al Maestro Muti le frasi, il loro significato, il loro accento, tutto concorre a dare valore alla vicenda ed ai suoi immortali personaggi. Così ottiene la stessa intensità interpretativa da ogni sezione dell’orchestra della Fondazione Arena. Si sente quanto lavoro c’è dietro ogni dettaglio, ogni suono mai esagerato ed accuratamente ricercato che diventa esso stesso parola assieme agli interpreti.
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SONIG TCHAKERIAN VIOLINO, ANDREA LUCCHESINI PIANOFORTE
ORCHESTRA DI PADOVA E DEL VENETO
Raggiunge il trentesimo compleanno il Festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza e noi abbiamo scelto il concerto dell’11 giugno, in replica domenica 13, per godere di un altro degli appassionati appuntamenti musicali che questo Festival regala appunto da trenta anni a questa parte. Finalmente riapre la città e speriamo si possa tornare veramente ad una normalità che sembrava un miraggio fino a qualche mese fa e dunque pian piano torna un po' di leggerezza, nonché tanta voglia di ascoltare buona musica per pensare semplicemente a godersi una bella serata. Coraggiosissimi gli organizzatori a fissare un concerto proprio in concomitanza con la prima partita della Nazionale di calcio agli Europei, ma possiamo dire che il pubblico ha risposto con calore ed anche buona frequenza, considerando comunque le limitazioni di posti ancora vigenti per la pandemia, complice anche un clima favorevole e non ancora caldissimo.
L’Orchestra di Padova e del Veneto ha accompagnato, o meglio accolto tra le sue onde musicali, il pianista Andrea Lucchesini e la violinista e direttore artistico del Festival Sonig Tchakerian.
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TITOLO “Quando ti danno un premio la prima cosa da non fare è credere di meritarselo”
“Uomo di grandi intuizioni e intelligenza critica, custode di memorie con lo sguardo rivolto alla contemporaneità e al futuro, attento alla formazione di un nuovo pubblico e alla circolazione di compositori e giovani interpreti. Per restituirci un mondo dove la musica fa parte della vita quotidiana”: questa la motivazione con cui è stato assegnato a Michele Dall’Ongaro il Premio Pordenone Musica 2020. Una consegna che causa pandemia ha dovuto attendere un anno e rappresenterà un unicum (probabilmente il premio 2021 salterà), ma ha trovato il pubblico pordenonese più pronto che mai a voler tornare nel suo teatro per festeggiare questo momento.
Le celebrazioni, come di consueto ormai, sono iniziate già a partire dal pomeriggio con appuntamento in compagnia del Sovrintendente dell’Accademia di Santa Cecilia moderato da Maurizio Baglini, direttore musicale del Teatro Giuseppe Verdi di Pordenone.
Fin da subito Dall’Ongaro si dimostra intrattenitore esperto e capace di conquistare la simpatia del pubblico, esordendo con “Quando ti danno un premio la prima cosa da non fare è credere di meritarselo”: ma al contrario deve servire come incentivo a continuare a fare, e meglio, ciò per cui si è stati premiati. Durante quasi un’ora di incontro-lezione ha parlato a ruota libera della sua vita, di musica e di vita per la musica, riuscendo persino a trovare un trait d’union fra Lully e i Måneskin, dimostrandosi capace di saper strizzare l’occhio anche ai più giovani presenti in sala.
A concludere questo aperitivo è stata una piccola chicca regalata alla città che lo ha premiato: la prima assoluta di un nuovo movimento in appendice alla composizione Autodafè, cinque modi di andare alla forca, scritta dall’accademico nel 1989. La suite pianistica racconta i diversi punti di vista di cinque condannati a morte a cui si è aggiunto un sesto movimento, quello che ci presenta la prospettiva del carnefice - come ha detto lo stesso autore durante l’introduzione all’ascolto. Maurizio Baglini, dedicatario del nuovo brano, ne restituisce tutta l’estraneità.
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Curioso programma quello presentato nel concerto del 25 maggio scorso al Teatro Verdi di Padova nell’ambito della stagione concertistica dell’Orchestra di Padova e del Veneto, che ha visto accoppiati nella stessa serata la luminosità del Concerto n. 1 op. 11 di Chopin con quell’inno alla sublime Morte rappresentato dalla Sinfonia n.14 di Dmitri Shostakovich.
Felicissimi di ritrovare il pianista russo-lituano Lukas Geniusas, uno dei giovani talenti del pianoforte più apprezzati nel panorama del concertismo internazionale, guidato dalla bacchetta di Oleg Caetani.
Lo Chopin di Geniusas non delude certo, soprattutto sul piano tecnico. Di una tecnica ferrea e impeccabile, il pianista lituano fa notevole sfoggio nelle complessità dei due movimenti estremi, l'Allegro Maestoso iniziale, sciorinato con vertiginosa scorrevolezza, e il Rondò terminale, esposto con energia trascinante. Nella Romanza centrale, risulta forse fin troppo misurato, piuttosto avaro di rubati e cedevolezza e dunque poco indulgente ai mielosi sentimentalismi cari a Chopin. Resta il fatto che Geniusas lavora con suono sempre plastico, giostrato con la nonchalance di chi sa esattamente quanto osare senza mai fingere o scadere nel cattivo gusto. Anzi, l'articolazione appare sfacciatamente fresca, naturale nel dominio di colori e dinamiche, inconfondibile nella personalità dell'interprete.
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Torna Myung-Whun Chung (ed il pubblico in sala) alla testa dell’Orchestra del Teatro La Fenice per proseguire la lettura delle composizioni di Gustav Mahler con in programma la Sinfonia n. 1 in Re maggiore, dopo la Quinta ascoltata nel 2017, la Seconda e la Nona nel 2019.
Entrata ormai stabilmente nel repertorio di quasi tutte le orchestre del mondo, la Sinfonia n.1 di Mahler risulta essere per certi versi la meno problematica del suo repertorio sinfonico. Lavoro al solito tormentatissimo, dove Mahler riesce a rispecchiare le sue personali incertezze sulla strada da prendere, con quest'opera di straordinarie dimensioni e di non meno straordinarie ambizioni, il compositore boemo non segna soltanto la chiusura di un periodo giovanile e la direzione degli anni futuri della sua attività, ma anche regola i conti con l'intera eredità musicale del passato. La Prima Sinfonia, con la continua tensione dei suoi svolgimenti e delle sue progressioni, individua questo personale desiderio di rinnovamento e ne traccia in modo esemplare un possibile itinerario.
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La Fondazione Arena apre nuovamente le porte del Teatro Filarmonico al pubblico dal vivo, omaggiando Giovanni Bottesini, “il Paganini del contrabbasso”, a duecento anni dalla nascita, in un programma di preziose riscoperte.
Virtuoso, direttore della prima Aida al Cairo nel 1871 e soprattutto compositore (frettolosamente dimenticata la sua opera "Ero e Leandro" scritta sullo scintillante libretto di Arrigo Boito) di pagine sinfoniche di rara bellezza .
L'epoca in cui visse ed operò fu quella felicissima dei decenni a cavallo degli anni Cinquanta dell'Ottocento. Non fu certo un creatore di capolavori, ma un onesto musicista che trovò all'estero fama e gloria, soprattutto negli Stati Uniti d'America dove fu talmente popolare da meritarsi la dedica di una delle stelle di Hollywood riservate ai personaggi più illustri del paese.
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Sembra quasi strano tornare a sedersi in un teatro al chiuso dopo tanto tempo. Fatto salvo per gli sporadici eventi sin qui riservati alla stampa, soltanto adesso è possibile ricominciare ad assistere ad eventi musicali in presenza che segnano la ripartenza del nostro Paese anche dal punto di vista culturale, se pur a piccoli passi e con le dovute cautele. Come ormai la maggior parte dei teatri in Italia, anche la Fondazione Arena comincia a proporre, sempre accanto al repertorio on demand online, anche spettacoli con pubblico in sala, naturalmente ben distanziato, e dunque abbiamo assistito all’unica data disponibile per un esperimento temporale che vedeva accoppiati una selezione di sinfonie e preludi operistici con l’opera in un atto solo di Mascagni ‘Zanetto’ , tutti del periodo verista italiano. Un inizio, potremmo dire, soft e di breve durata, vista anche l’impossibilità di effettuare intervalli, per un totale di circa un’ora e un quarto di musica da ascoltare tutta d’un fiato.
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Continua la programmazione artistica della Fondazione Arena di Verona nonostante le restrizioni da epoca Covid continuino ad imporre l’assenza di un pubblico in sala e si costringa a trasformare spettacoli concepiti inizialmente per un pubblico presente in sala, in rappresentazioni da fruire tramite streaming.
Facendo di necessità virtù, e di questo va dato atto dello sforzo encomiabile della Fondazione Arena di Verona, lo spettacolo al quale abbiamo avuto la fortuna di poter assistere dal vivo il giorno della registrazione, sarà online sulla webTV di Fondazione Arena arena.it/tv e sul canale YouTube a partire da domenica 28 marzo alle 15, mentre sarà su Facebook sabato 3 aprile alle 15. E grazie alla volontà di aprire a tutti le porte del Teatro, lo spettacolo sarà trasmesso su Telenuovo (al canale 11) venerdì 9 e sabato 10 aprile, sempre alle ore 15.
Accoppiata musicalmente insolita quella proposta, ma legata a doppio filo dal tema trattato, la cantata di Jommelli e l’opera di Purcell hanno trovato felicissima vita sulle tavole del Teatro Filarmonico, grazie alla direzione sapiente di Giulio Prandi e alla regia di Stefano Monti.
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Prosegue la programmazione artistica della Fondazione Arena di Verona nonostante le restrizioni da epoca Covid impongano l’assenza di un pubblico in sala e si costringa a trasmettere in streaming uno spettacolo, come appunto è l’opera, nato e concepito per essere goduto a teatro in presenza.
Facendo di necessità virtù, e di questo va dato atto dello sforzo encomiabile della Fondazione Arena di Verona, lo spettacolo al quale abbiamo avuto la fortuna di poter assistere dal vivo il giorno della registrazione, sarà trasmesso sul proprio sito arena.it/tv a partire dal giorno 28.02.21 alle ore 15.
Accoppiata insolita, almeno musicalmente e di genere, che ha visto in un’ unica serata rappresentate una farsa comica di Ponchielli e la prima delle tre opere che compongono il Trittico pucciniano.
Fa sorridere e riflettere, pensare che Puccini fu allievo di Ponchielli al conservatorio di Milano e ascoltare accoppiati lavori che guardano uno al passato facendo il verso a Donizetti e Rossini, “Il Parlatore eterno” composto in un delle (tante) crisi di sconforto artistico del cremonese, l’altro al contemporaneo se non al futuro, “Il Tabarro” guarda ad un verismo che musicalmente strizza l’occhio allo Stravinsky di “Petrouchka” (la melodia danzante dell’organetto deriva proprio dal lavoro del russo che Puccini ammirava).
“Il parlatore eterno” può essere considerato un “one man show” visto che Lelio Cinguetta, il personaggio principale della farsetta, nei 25 minuti di durata, è l’unico protagonista in scena se si escludono i brevi interventi dei comprimari e del coro. E a Verona l’ottimo Biagio Pizzuti ha saputo rendere onore ad una partitura scritta però fuori tempo massimo e che può tranquillamente tornare ad impolverare gli archivi di casa Ricordi senza rimpianto alcuno.
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RECENSIONE DAL VIVO
Dopo l’edizione in cinque atti dell’opera che Giuseppe Verdi approvò per la rappresentazione a Modena nel 1886 e che il Teatro Comunale ha prodotto nel 2012 riprendendo la regia storica di Luchino Visconti pensata nel 1965 per il Teatro dell’Opera di Roma, ritorna Don Carlo in una nuova esecuzione dell’edizione in quattro atti, purtroppo in forma di concerto e visibile solo in video a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria. Il titolo, che sarà trasmesso in tutto il mondo il giorno sabato 06.02.2020 alle ore 20.00 nel contesto del progetto regionale OperaStreaming e visibile sul medesimo canale Youtube, ha portato sul palcoscenico modenese un cast d’eccezione diretto da Jordi Bernàcer alla guida dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e del Coro Lirico di Modena.
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2020, Coro e Orchestra Fondazione Arena di Verona – Foto Ennevi
STAGIONE ARTISTICA 2021
AL TEATRO FILARMONICO
8 gennaio – 31 dicembre 2021
6 appuntamenti operistici e 15 concerti
La Fondazione Arena di Verona prosegue il suo impegno per dare continuità alla programmazione artistica e certezze a tutti i suoi sostenitori, e presenta la Stagione Artistica 2021 al Teatro Filarmonico pensata per offrire spettacoli nuovi a fianco di opere già apprezzate, insieme ad un vasto cartellone sinfonico, nella tutela del lavoro dei dipendenti e di tutti gli artisti.
Si tratta di una tra le prime Fondazioni lirico-sinfoniche a presentare la programmazione completa per l’intero anno nuovo e il calendario, ambizioso e al tempo stesso concreto, dimostra la grande determinazione della Direzione quando, già a partire dalla scorsa estate, è stata realizzata una stagione innovativa con il maestoso palcoscenico al centro dell’Arena, per raggiungere poi con l’iniziativa streaming Sei a casa al Teatro Filarmonico un elevato numero di spettatori quando non è stato più possibile accogliere il pubblico in Teatro. Ne risulta una programmazione sostenibile, che potrà svolgersi in qualsiasi scenario, anche qualora dovessero permanere le criticità che stiamo affrontando ormai da diversi mesi.
Per il nuovo anno le campagne di comunicazione online e offline si uniscono a sostegno del valore etico e sociale che questa stagione assume – più di ogni altra – non solo per il pubblico, ma soprattutto per chi vive quotidianamente il mondo del Teatro e che da qualche mese a questa parte ha perso uno degli elementi cardine del “fare musica”: il calore e il rapporto con il pubblico. Si cerca quindi di ricostituire il legame tra attori e fruitori portando l’arte nelle case, ma soprattutto rendendo protagonista l’anima più autentica del teatro: i musicisti. Le voci e i volti dell’Orchestra e del Coro areniani saranno per la prima volta i protagonisti assoluti della nuova campagna di comunicazione, del materiale promozionale, dei video e delle attività sui social.
La Stagione Artistica 2021 inizierà dunque con lo streaming e gli spettacoli saranno fruibili sui canali social Facebook, YouTube e sulla nuova webTV arena.it/tv dove, oltre ai concerti già disponibili, continua ad arricchirsi il calendario dei contenuti premium. La risposta del web ha già fatto registrare oltre 30.000 visualizzazioni complessive (con buona diffusione anche all’estero in quanto un terzo del pubblico è straniero), a conferma del gradimento per l’offerta artistica in relazione alle nuove forme di trasmissione.
Il nuovo anno vedrà inoltre la collaborazione con l’emittente regionale Telenuovo per proseguire l’iniziativa nata per riaprire le porte del Teatro al pubblico, trasmettendo in chiaro le opere e i concerti della stagione artistica almeno fino al mese di marzo. Il nuovo progetto “Filarmonico aperto…a casa tua” aprirà virtualmente le porte del Teatro a tutti i veronesi portando la grande musica nelle case e in quante più realtà possibili. Non appena sarà possibile riaprire gli spettacoli al pubblico verranno rese note tutte le informazioni per l’acquisto di abbonamenti e biglietti.
«Fondazione Arena si prepara al 2021 con la stessa determinazione e lo stesso impegno che l'hanno vista affrontare e superare le sfide dell'anno che sta per concludersi - afferma il Sindaco e Presidente della Fondazione Arena Federico Sboarina -. Il progetto ideato per la stagione artistica si basa sulla creatività e sull'innovazione, oltre che sul coraggio. Tutti questi elementi, dimostrati dal management e dai lavoratori di Fondazione Arena durante l'estate, hanno reso possibile la messa in scena del festival Nel Cuore della Musica e ora anche il lavoro già programmato per il prossimo anno. Il pubblico del Teatro Filarmonico è un pubblico esigente, abituato a spettacoli che negli ultimi anni hanno progressivamente aumentato il livello di qualità proposto. Seppur trasmessi in streaming, i concerti e le opere in programma sapranno ugualmente regalare agli spettatori le emozioni che solo la musica sa dare. Partiamo con la speranza di poter riaprire le porte del Teatro Filarmonico al suo pubblico il prima possibile».
Una nuova e ambiziosa sfida per il Sovrintendente e Direttore Artistico Cecilia Gasdia: «Non vediamo l’ora di tornare in Teatro a fare musica dal vivo per goderne insieme al nostro pubblico. Ci siamo attivati, insieme alle altre Fondazioni, per regalare i nostri concerti rendendoli disponibili con la modalità dello streaming, ma vogliamo riaprire le porte del Filarmonico agli spettatori e lo faremo – nel rispetto delle regole e delle disposizioni – non appena possibile. Abbiamo pensato ad una stagione sostenibile e compatibile sotto tutti i punti di vista. Vi proporremo titoli già applauditi, altri meno conosciuti, e alcuni addirittura mai eseguiti al Filarmonico, insieme ad una ricca offerta sinfonica. Sarà una stagione anche per veri intenditori, che permetterà l’incontro fra l’alta qualità delle proposte artistiche e i gusti del grande pubblico. Un pensiero infine va sia al pubblico, che ci sostiene con grande affetto e solidarietà, sia ai nostri Artisti e Lavoratori, privati di quel rapporto unico con gli spettatori e che non vedono l’ora di tornare a far rivivere, insieme, l’unicità dello spettacolo dal vivo».
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Budapest Festival Orchestra
Iván Fischer direttore
Elisabeth Kulman soprano
Toby Spence tenore
Come un colpo di mannaia, il nuovo DPCM che ha decretato la chiusura al pubblico dei teatri, ha scisso le due date previste del Vicenza Opera Festival, evento ospitato dalla Società del Quartetto di Vicenza e legato a doppio filo alla presenza carismatica di Ivan Fischer e alla “sua” Budapest Festival Orchestra che l’ha creato. Se per il concerto del 25.10 (dedicato a Paolo Marzotto) con musiche di Haydn e R. Strauss il pubblico ha potuto assistere in presenza, al concerto del giorno successivo gli è stato proibito a causa di un decreto francamente incomprensibile, viste le precise e puntuali misure di prevenzione affrontate sempre con diligenza sia dagli enti organizzatori che dal pubblico.
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Era stata timidissima la ripresa del comparto artistico italiano dopo i duri mesi del lockdown, ma almeno si era cercato di tornare pian piano alla normalità, se pur con misure restrittive, teatri pieni soltanto di pochi e distanziati spettatori e l'attuazione di tutto ciò che si potesse attuare per evitare una nuova chiusura. Purtroppo non è bastato e un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ha imposto almeno per un altro mese la chiusura di cinema e teatri.
Così abbiamo deciso, per sensibilità nei confronti degli artisti che avremmo dovuto ascoltare in presenza, ma che hanno potuto soltanto esibirsi in streaming, di scrivere comunque qualche breve considerazione sull’evento, posto comunque il fatto che non si può né ci piace recensire uno spettacolo musicale filtrato dalle casse di un impianto casalingo o comunque senza lo spirito, il pathos e l’emozione che uno spettacolo in loco può suscitare.
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C’è voluto quasi un anno per organizzare il Gala che ha visto come protagonista Jonas Kaufmann a Bologna. Un’operazione lunghissima che si è rivelata un successo per esito artistico e risposta di pubblico. Possiamo dire con certezza che per gli appassionati bolognesi e non, l’attesa ne è valsa la pena soprattutto considerando che questo è stato uno degli ultimi spettacoli eseguiti dal vivo in seguito all’entrata in vigore del decreto del 24 ottobre.
La serata svoltasi al Paladozza, sede provvisoria del Teatro Comunale viste le norme anticovid, prevedeva inizialmente come 'guest star' Anita Rachvelishvili, attualmente in quarantena in seguito ai positivi nel cast dell’Aida scaligera, che è stata sostituita dal mezzosoprano francese Clémentine Margaine. La giovane cantante può vantare un certo carisma e ottime doti interpretative come ha dimostrato fin da subito, mettendo in mostra una voce ampia e dal registro acuto particolarmente sicuro nonostante l’intonazione fosse sempre meno a fuoco nel corso della serata, in particolare nell'aria di Dalila.
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Continua la programmazione al Teatro Lirico di Cagliari, nonostante la crisi pandemica abbia costretto a rivedere i cartelloni di tutte le Fondazioni Lirico Sinfoniche. “Autunno in musica” è la mini stagione pensata dal Sovrintendente Colabianchi per attraversare questo momento di incertezza in attesa di poter riprendere una programmazione a pieno regime. Tre opere liriche, un’operetta, quattro concerti sinfonico corali, un concerto sinfonico, sono la risposta cagliaritana nell’attesa che questo periodo passi velocemente. Abbiamo assistito allo splendido concerto del 17.10.20 che ha visto il gradito ritorno di Anna Tifu sul palcoscenico della sua città in un programma impegnativo che ha visto l’esecuzione del concerto numero 1 di Shostakovic per violino ed orchestra insieme alla sinfonia numero 9 di Dvorak.
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Continua con successo la stagione autunnale del Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, il cui secondo appuntamento in cartellone ha visto come protagonista Sergej Krylov nella doppia veste di direttore e violino solista. Dopo i mesi di chiusura il clima che si percepiva a teatro era quello festoso delle grandi occasioni e le attese del pubblico non sono state per nulla disattese, in primo luogo da un’orchestra in gran spolvero. La prima parte del programma scelto era un viaggio nel Romanticismo che partiva dalla Russia con una 'Ouverture-fantasia Romeo e Giulietta' di cui il Krylov direttore ha dato una lettura molto passionale, proponendo un Čajkovskij quasi adolescenziale, desideroso di venire al sodo, in cui dominavano archi e percussioni tumultuosi. È una scelta che coinvolge ma sacrifica linea e dinamiche che risultano frammentate e appiattite. In breve, oltre a un po’ di pulizia, è mancata quella sensazione di amore tormentato che pervade l’opera del compositore russo.
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Traslocato in tutta fretta dal palcoscenico amplificato all’aperto del Parco Ducale alle tavole del Teatro Regio, Ernani torna nella sede principe del Festival Verdi per motivi meteorologici ed è subito gioia. Gioia di tornare finalmente a respirare la polvere dei vetusti velluti del Regio che sanno di storia e tradizione che nemmeno i rigidissimi e rigorosissimi protocolli anti covid riescono a scalfire.
Ecco quindi che Ernani viene valorizzato dalla giusta acustica di un teatro al chiuso senza l’imbarazzo di microfoni capricciosi e rumori molesti provenienti dalla vita che nonostante tutto scorre attorno al Parco Ducale.
Poco importa se manca la scena e costumi, orchestra e coro appaiono in una lontananza siderale, forse anche troppo; l’atmosfera e la musicalità che sa regalare un teatro al chiuso è impagabile.
Michele Mariotti a capo della direzione musicale non poteva ricevere regalo migliore per questo trasloco. Il direttore pesarese restituisce una lettura nuova di una pagina non certo tra le più ispirate del maestro delle Roncole ma appunto per questo più esposta ad interpretazioni spesso grossolane. Al lavoro di concertatore, Mariotti affianca un’attenta e ragionata ricerca filologica. Oltre a rispettare ogni nota della partitura, egli interviene su tagli e riprese. Purtroppo, non viene ripristinata la seconda scena e aria del protagonista, "Odi il voto" scritta da Verdi su richiesta di Rossini in occasione di una rappresentazione a Parma nell’autunno 1844 per il tenore Nicola Ivanoff e collocata nel secondo atto.
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Da anni si vociferava il suo ritorno, e finalmente Roberto Devereux è sbarcato al Teatro La Fenice. Lo fa con un allestimento in forma semi-scenica che, privo di orpelli, lascia spazio solo all’essenziale: il dramma e Donizetti.
Dell’installazione di Massimo Checchetto, a cui eravamo ormai abituati, rimane solo la prua sul palcoscenico, che avvolge e dona una certa regalità alla scena. Da questi presupposti parte la regia di Alfonso Antoniozzi, che obbligatoriamente cesella il lavoro sul singolo, scava, ripulisce e fa emergere i tormenti, la solitudine e - sembra quasi sciocco sottolinearlo di questi tempi - le distanze fra i personaggi, che qui sembrano abissali, anche grazie al supporto delle luci bellissime e ben centrate di Fabio Barettin.
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Anche quest’anno si sono giunte alla loro conlusione le tre settimane di residenza artistica della Gustav Mahler Jugendorchester presso il Teatro Verdi di Pordenone. Tre settimane che sembravano un progetto impossibile fino a qualche tempo fa, ma che è stato possibile realizzare ripensando un po’ il 'format' e suddividendo i musicisti in due diverse formazioni orchestrali, ognuna da 40 elementi. In questo modo gli 80 giovani provenienti da tutta Europa hanno potuto perfezionarsi con tutor d’eccezione e mettere in pratica quanto imparato in una serie di concerti che li hanno visti impegnati nel mese di agosto su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia, concedendosi qualche piccola deviazione a Bolzano e a Dresda.Come ormai d’abitudine il tutto è stato coronato da due concerti conclusivi a Pordenone che hanno visto la partecipazione eccezionale del soprano Angela Denoke, a cui si sono uniti il pianista Maurizio Baglini e il trombettista Martìn Baeza Rubio per la seconda serata. Il primo concerto, quello di cui qui si riferisce, aveva come titolo Idillio della natura e si proponeva di celebrare Madre Natura come unica fonte di vita.
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Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (Giuditta trionfante sulla barbarie di Oloferne) oratorio militare sacro in due parti RV 644 libretto di Giacomo Cassetti dalla Bibbia, Libro di Giuditta musica di Antonio Vivaldi sotto l’alto patrocinio del Parlamento europeo Lo stiamo ripetendo da circa un mese come sia soprattutto la volontà degli organizzatori e il desiderio di riascoltare musica a teatro dal vivo, il motore che spinge alla ripartenza di eventi e festival musicali quale è ormai da anni Vicenza in Lirica. Restrizioni e ormai arcinote regole ferree anti contagio non hanno scoraggiato Concetto Armonico ed il direttore artistico Andrea Castello che con i dovuti distanziamenti prescritti hanno portato sulle tavole del Teatro Olimpico un capolavoro come Juditha Triumphans di Vivaldi. Come si sa è l’unico dei quattro oratori in latino del veneziano arrivati fino a noi e fu eseguito nel 1716 per l’Ospedale della pietà di Venezia, il famoso orfanotrofio e convento femminile, che tra le varie attività all'insegna del duro lavoro e del sacrificio impartivano anche lezioni di canto e strumento musicale, che ne valsero il prestigio. Tutte rigorosamente di sesso femminile, furono le stesse ospiti ad interpretare questo capolavoro scritto dunque in base alle loro tessiture, ricoprendo ovviamente anche i ruoli maschili. Vivaldi era insegnante di violino, ‘maestro di concerti’ all’Ospedale della pietà e pare gli fu commissionato un lavoro che celebrasse il trionfo militare a Corfù da parte dei Veneziani. Vi sono discussioni sulla data esatta di composizione ma di certo i Veneti avevano sconfitto i Turchi proprio nel luglio del 1716 e la vittoria biblica di Giuditta su Oloferne voleva essere un omaggio rappresentativo di quell’episodio bellico.
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