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AUFSTIEG UND FALL DER STADT MAHAGONNY
KURT WEILL - TEATRO COMUNALE DI REGGIO EMILIA, DOMENICA 13 MAGGIO 2022

 Se Wagner ha usato il mito antico per trasmettere le sue idee politiche e filosofiche, Kurt Weill e Bertolt Brecht hanno creato la propria mitologia contemporanea nelle loro collaborazioni con fini comparabili e con un effetto altrettanto senza tempo. In Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny ("Ascesa e caduta della città di Mahagonny"), il successo di un insediamento capitalista, genera la propria fine attraverso l'eccesso, l'avidità e la corruzione. La legge è amministrata dai criminali, il suo Dio dice alla popolazione di andare all'inferno piuttosto che salvarla, e l'amore è scambiato come qualsiasi altra merce. Con il suo sovvertimento di aspettative drammatiche, è tanto una satira sull'opera stessa quanto sul fragile mondo tra le due guerre della Repubblica di Weimar, ma in entrambi i casi sembra acquisire sempre più rilevanza per il mondo globalizzato in cui ci troviamo oggi.  La scelta di Weill cade sulla musica da cabaret, su ritmi ballabili, su coretti rozzi ed orecchiabili, dove le parole sono chiarissime e spesso gridate,tutto nel desiderio di rompere con una tradizione lirica, allora rappresentata dall'opera wagneriana e dal suo discorso continuo. Ecco quindi  il ritorno a una struttura per numeri in una pazza mescolanza di stili, dove il canto soppianta l'aria e il jazz va di pari passo con l'atonalità della scuola viennese.

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ORLANDO FURIOSO, ANTONIO VIVALDI – TEATRO FILARMONICO DI VERONA, DOMENICA 8 MAGGIO 2022

Possiamo immaginare la macchina scenica che fu allestita a Venezia nel 1714 al Teatro sant’Angelo per presentare questo incredibile poema cavalleresco che era piaciuto molto a Vivaldi, dopo che nello stesso teatro era stato presentato l’anno precedente un Orlando Furioso del compositore Giovanni Alberto Ristori (e forse a cui collaborò Vivaldi stesso) su libretto di Grazio Braccioli. Basandosi maggiormente sull’Orlando innamorato del Boiardo, il librettista scrisse un nuovo Orlando per Vivaldi, ma l’accoglienza non fu delle migliori e il teatro tornò a rappresentare la versione di Ristori. Soltanto molti anni dopo la partenza del compositore da Venezia ed il ritorno come Direttore del teatro Sant’Angelo, il veneziano rimaneggiò la partitura del suo ‘Orlando’ riutilizzando materiale del libretto precedente più vicino all’Ariosto, ed inserendo parti musicali di altre sue composizioni. Il turbinio delle azioni e delle relazioni poste in essere è accentuato dalle scene che prescrivono luoghi fantastici e personaggi mitologici, esseri magici ed azioni folli. Un impianto del genere è incorniciato da una musica incalzante, ricca di arie anguste che mettono a dura prova tecnica e timbrica vocale, che gli interpreti sono chiamati ad utilizzare al meglio delle loro capacità mentre si muovono in scena all’incalzare degli eventi. 

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FONDAZIONE ARENA DI VERONA, SETTIMO CONCERTO SINFONICO AL TEATRO FILARMONICO, SABATO 30 APRILE 2022

Due novità assolute per il settimo concerto della Stagione sinfonica della Fondazione Arena di Verona, due capolavori di Richard Strauss incredibilmente mai eseguiti a Verona. Il Concerto in Re maggiore per oboe e piccola orchestra, TrV 292 di Strauss è stato ispirato da un incontro casuale verso la fine della seconda guerra mondiale avvenuto a Garmisch tra l’anziano compositore e il giovane oboista americano John de Lancy che in quel periodo si trovava lì di stanza come soldato dell'esercito americano di occupazione.  A causa dei capricci del destino, de Lancy che era primo oboe nell' Orchestra di Filadelfia, non poté mai suonare né alla prima mondiale, né a  quella americana del concerto, curiosamente infatti la prima esecuzione americana fu  interpretata da un altro giovane oboista, Mitch Miller che alcuni anni dopo divenne famoso presso il pubblico americano come  l’inventore del karaoke con il programma televisivo "Canta insieme a Mitch" degli anni '60.

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FONDAZIONE ARENA DI VERONA, SESTO CONCERTO SINFONICO AL TEATRO FILARMONICO, SABATO 23 APRILE 2022

Prosegue la rassegna sinfonica della Fondazione Arena di Verona con il sesto concerto in programma che ha visto in locandina il pirotecnico Concerto no.1 op.6 di Paganini per violino ed orchestra e la Sinfonia no. 4 op.60 di Beethoven.

Che Paganini venisse sempre descritto come un saltimbanco, un affabulatore dello strumento, un demonietto con la coda nascosta sotto il frac, che incantava platee estasiate mentre puzza di zolfo e fiamme infernali lo seguivano al suo passare, è arcinoto. Meno noto invece è che sia stato anche un grande musicista. Questa immagine di Paganini ha molto condizionato l’interpretazione della sua musica, svalutandola, sminuendola, facendoci dimenticare che il violino di Paganini incarna l’anima del canto, utilizzando in maniera meravigliosa tutta la vasta gamma di suoni dello strumento.  Genialmente riportò sul violino lo stile del melodramma, che allora aveva intorno. 

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, GIUSEPPE VERDI - TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, GIOVEDI' 7 APRILE 2022

Ne sono passati di anni, da quei giorni di aprile del 1844 in cui lo stesso Giuseppe Verdi sovrintese le rappresentazioni veneziane della sua opera I Lombardi alla prima crociata.

Da allora il lavoro non era stato più riproposto fino ad oggi, quando il Teatro la Fenice ha colto l’occasione per presentarlo nell’edizione critica curata da David R.B. Kimbell per la University of Chicago Press e Casa Ricordi, in seguito a una ricerca effettuata sull’autografo verdiano conservato nell’Archivio Ricordi a Milano. Vengono ripristinate didascalie e annotazioni musicali di Verdi, indicazioni del librettista Temistocle Solera e interventi della censura: su tutti è stato possibile ascoltare finalmente la preghiera di Giselda iniziare con Ave Maria e non con il tradizionale Salve Maria. 

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LA SCALA DI SETA, G. ROSSINI – TEATRO FILARMONICO DI VERONA, DOMENICA 27 MARZO 2022

Sicuramente è terapeutico recarsi a teatro una domenica pomeriggio e cercare di distrarsi dalle brutture che stanno attanagliando il mondo recando sofferenze immani a popolazioni innocenti. Senza voler dimenticare assolutamente ciò che ci circonda, il nostro animo per sopravvivere ha bisogno di pillole di serenità come quelle offerte dalla Fondazione Arena di Verona portando in scena per la prima volta, sembra incredibile, La scala di seta di Gioachino Rossini al Filarmonico. Decide di farlo con una squadra totalmente femminile, composta dalla veronese Stefania Bonfadelli alla regia, coadiuvata dalla scenografa Serena Rocco ed i costumi di Veleria Donata Bettella. Se la protagonista silenziosa della trama è una scala di seta allora perché non ambientare l’intera vicenda in un atelier di stoffe in cui eleganti clienti si recano per farsi confezionare abiti alla moda potendo scegliere la materia prima direttamente sul posto? Qui dunque si dipanano i deliziosi quadretti e le gag spassosissime che le regista ha intelligentemente messo in atto esaltando tutti i protagonisti in un turbinio di azioni-reazioni, che invitano il pubblico ad osservare tutto ciò che accade su un palcoscenico mai piatto che coinvolge ad ogni scena.

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TOSCA, GIACOMO PUCCINI - TEATRO VERDI DI TRIESTE, VENERDI' 4 MARZO 2022

Tosca torna a Trieste, nuovamente secondo Hugo de Ana, nell’allestimento che il regista argentino ha presentato di recente al Teatro Comunale di Bologna. 

Lo spettacolo è di stampo ipertradizionale, vi ritroviamo infatti i classici costumi che ci aspetta di trovare in una Tosca, le chiese e la statua dell’Arcangelo Michele. Le scenografie sono imponenti e con tanto di portoni giganti, frammenti di enormi statue, crocifissi che tagliano il palco e, nel secondo atto, un’imponente e sontuosa tavola. Sullo sfondo gli interni di ricchi palazzi. Unico elemento tecnologico è l’utilizzo di alcune proiezioni che ricreano alcune scene “in esterna”, ulteriori dettagli sulla scena, come anche delle note molto cinematografiche all'inizio di ogni atto. Bello il gioco di luci di Valerio Alfieri che richiamano i quadri di Caravaggio. 

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LE BARUFFE, GIORGIO BATTISTELLI - TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, MERCOLEDI' 2 MARZO 2022

Commissionata dal Teatro La Fenice nel 2019, l’opera Le baruffe nasce come omaggio del sovrintendente Furtunato Ortombina, e del teatro tutto, a Marsilio Editori in occasione dei 60 anni dalla fondazione della casa editrice. E quale modo migliore per celebrare l’azienda veneziana se non con un vero e proprio tripudio di venezianità, a partire dal soggetto che si basa su Le baruffe chiozzotte, ultima commedia di Carlo Goldoni. Un progetto che rappresenta una sintesi perfetta del legame fra teatro e territorio vista anche la presenza di Damiano Michieletto nella doppia veste di regista e, assieme a Giorgio Battistelli che ha scritto la musica, di librettista.

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RIGOLETTO, GIUSEPPE VERDI - TEATRO FILARMONICO DI VERONA, VENERDI' 04 MARZO 2022

Torna, per la terza volta, sulle tavole del Teatro Filarmonico di Verona, la produzione di Rigoletto pensata da Arnaud Bernard nel 2011 e ripresa più volte anche in altri teatri italiani. Il mondo creato dal regista (qui ripreso da Yamal Das Irmich) con la scena di Alessandro Camera, è uno spazio ligneo e meta-teatrale che evoca lo sfarzo della Mantova dei Gonzaga e l’umanesimo rinascimentale con forti rimandi all’arte pittorica del ‘500, fra palazzi ideali, biblioteche e moli sul Mincio che subiscono tempeste atmosferiche e insieme letterarie, sempre nel rispetto della drammaturgia verdiana. Uno spettacolo che in sostanza si muove su una linea di tradizione indolore e non particolarmente interessante, se si esclude una certa facilità di gestione della scena unica.

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GAETANO DONIZETTI, LA FAVORITA – TEATRO REGIO DI PARMA, DOMENICA 27 FEBBRAIO 2022

GAETANO DONIZETTI, LA FAVORITA – TEATRO REGIO DI PARMA, DOMENICA 27 FEBBRAIO 2022

Non siamo definitivamente usciti dalla pandemia e purtroppo il mondo è sconvolto ancora da una crisi internazionale che coinvolge questa volta la politica ed anche il nostro Paese da molto vicino. Sperando che si possa tornare al più presto ad una normalità tanto sanitaria quanto socio-politica ed augurandoci davvero che le cose non peggiorino, nel frattempo le produzioni operistiche risentono tuttora delle restrizioni anti - Covid e pertanto i registi sono costretti a fare di necessità virtù ideando spettacoli che possano in qualche modo interessare il pubblico rispettando le regole in corso.

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NOZZE DI FIGARO, TEATRO GIOVANNI DA UDINE SOLD OUT PER LA PRIMA NAZIONALE DEL CAPOLAVORO MOZARTIANO, domenica 13 febbraio 2022

NOZZE DI FIGARO, TEATRO GIOVANNI DA UDINE SOLD OUT PER LA PRIMA NAZIONALE DEL CAPOLAVORO MOZARTIANO, domenica 13 febbraio 2022

 

Dopo anni in cui si era limitato ad ospitare produzioni esterne,  per lo più provenienti da Trieste, questa stagione il Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha deciso di dare una nuova spinta all’attività del teatro e presentare anche la sua prima produzione, che nasce unendo le proprie forze a quelle di altre eccellenze locali, interregionali e internazionali grazie al supporto di istituzioni, aziende e altre realtà regionali come il Conservatorio “Jacopo Tomadini” di Udine e il Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste. 

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MANON LESCAUT, GIACOMO PUCCINI : TEATRO COMUNALE PAVAROTTI / FRENI - MODENA, DOMENICA 6 FEBBRAIO 2022

Non ci si stanca mai di assistere a classici intramontabili del panorama lirico nostrano, le opere che i teatri propongono sempre certi di incontrare il favore del pubblico, rese ancora più celebri da storiche produzioni con interpreti indimenticabili che probabilmente gli abbonati più fedeli di Modena conservano ancora nel cuore. Manon Lescaut è una di quelle ed è andato in scena al teatro Pavarotti-Freni di Modena con uno spettacolo in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca, il Teatro Galli di Rimini, il Teatro Alighieri di Ravenna - Fondazione Ravenna Manifestazioni, la Fondazione Teatro di Pisa e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.

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IL BARBIERE DI SIVIGLIA, GIOACHINO ROSSINI - TEATRO DONIZETTI DI BERGAMO, 30 GENNAIO 2022

IL BARBIERE DI SIVIGLIA, GIOACHINO ROSSINI - TEATRO DONIZETTI DI BERGAMO, 30 GENNAIO 2022

Il Barbiere di Siviglia del Circuito OperaLombardia giunge al capolinea con l’ultima tappa al Teatro Donizetti di Bergamo, proponendo un cast parzialmente alternativo rispetto alle precedenti rappresentazioni andate in scena lo scorso autunno a Como, Pavia, Cremona, Brescia.

Non varia invece l’allestimento - coprodotto con lo Shangai Conservatory of Music - fatto più di ombre che di luci…letteralmente. Ivan Stefanutti firma regia, scene e costumi di un Rossini impregnato di atmosfere dark, sospese fra una Transilvania da Rocky Horror Picture Show e un’ipotetica Londra notturna i cui vicoli bui sono solo debolmente illuminati dalla luna piena e sorvegliati da gargoyle in pietra e dall’effigie di un drago che sormonta un orologio fermo sulla mezzanotte. L’unico riferimento a Siviglia sta nella maestosa struttura orientaleggiante posta sul fondo a delimitare la dimora kitsch e cupa di Don Bartolo, in discontinuità con la stessa veduta esterna che - durante la serenata del Conte, in apertura - presentava la facciata di una villetta vittoriana, più in continuità con il contesto generale. Gli arredi interni sono in linea con il generale taglio tetro: undici teschi animali appesi alla parete, un cervo impagliato sopra un imponente camino in pietra, pesanti tendaggi di velluto, poltrone imbottite rivestite in pelle scura e una sedia a dondolo scricchiolante.

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IL SEGRETO DI SUSANNA, WOLF-FERRARI / SUOR ANGELICA, PUCCINI - INAUGURAZIONE STAGIONE LIRICA DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA AL TEATRO FILARMONICO, DOMENICA 30 GENNAIO 2022

 

Siamo abituati a vedere accostata Suor Angelica alle più svariate opere quando non si porta in scena l’intero trittico di Puccini, e per drammaticità di contenuti si tende a precederla con qualcosa di più leggero che predisponga positivamente l’audience, perché immediatamente dopo si viene catapultati nella profondità di sentimenti che la sventurata protagonista prova. Così la Fondazione Arena di Verona inaugura la stagione al Filarmonico con un dittico che vede contrapposto al famosissimo capolavoro pucciniano un raro intermezzo composto da Ermanno Wolf-Ferrari su libretto di Enrico Golisciani che a dir la verità siamo stati ben lieti di ascoltare e vedere in scena: Il segreto di Susanna.

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AMOROSA PRESENZA, NICOLA PIOVANI - TEATRO VERDI DI TRIESTE, 21 GENNAIO 2022

AMOROSA PRESENZA, NICOLA PIOVANI - TEATRO VERDI DI TRIESTE, 21 GENNAIO 2022

Dopo essere rimasta chiusa in un cassetto per 45 lunghi anni, Amorosa presenza ha visto finalmente la luce al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste

La prima opera del premio Oscar Nicola Piovani infatti era stata abbozzata nel 1977 in seguito a una commissione dell’Opera di Atene - commissione poi venuta meno - in collaborazione con lo scrittore Vincenzo Cerami, ancor prima che questi scrivesse il romanzo omonimo.

E questo era il prologo della prima avventura operistica del compositore romano, fino a quando tre anni fa è emerso l’interessamento della fondazione giuliana dopo una sua intervista in cui egli raccontava la vicenda. Così  Piovani ha continuato a lavorare sul libretto  (a dire il vero un po’ stucchevole, alla lunga)  assieme ad Aisha Cerami, figlia dello scrittore, e ha rimesso mano alla partitura per arrivare a creare la versione definitiva di questa opera che ha definito semiseria.

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AROLDO, GIUSEPPE VERDI  - TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA, VENERDI’ 21 GENNAIO 2022

AROLDO, GIUSEPPE VERDI - TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA, VENERDI’ 21 GENNAIO 2022

Approda al Teatro Municipale di Piacenza l’Aroldo di Giuseppe Verdi, spettacolo inaugurale l’estate scorsa del risorto Teatro Galli di Rimini, rimasto chiuso per oltre 70 anni da quando la sala pricipale, ma non la nobile facciata sulla piazza, rimase seriamente danneggiata da un bombardamento degli Alleati che nel 1943 colpisce platea e palcoscenico. Strettamente legato alla nascita del teatro nel 1857, Aroldo fu scelto da Verdi, che dopo i trionfi di Vespri Siciliani , la prima versione del Simon Boccanegra e la versione parigina del Trovatore, stava cercando un teatro di secondo livello per dare una nuova possibilità di vita al suo precedente Stiffelio, e il progetto andò così in porto, rielaborando massicciamente la vecchia partitura in qualcosa di nuovo e aggiungendo un intero atto, il quarto,  dove la tempesta sul lago rappresenta, sotto il profilo della strumentazione e dell’accurato descrittivismo musicale, una delle pagine più ambiziose concepite da Verdi fino a quel momento.

Se Stiffelio appare più compatto e logico, Aroldo è però opera più matura nel linguaggio musicale e nella profondità psicologica dei personaggi, ma nonostante questo, l’opera non riesce incredibilmente ad inserirsi stabilmente in repertorio, anzi è una delle meno eseguite del Maestro delle Roncole, penultima prima della esotica Alzira.

La concezione dello spettacolo riminese, riproposto a Piacenza, è affidata al  musicologo riminese Emilio Sala, coadiuvato da Edoardo Sanchi, Isa Traversi, Giulia Bruschi, Elisa Serpilli, Raffaella Giraldi, Nevio Cavina e Matteo Castiglioni per regia, scene, costumi, luci e proiezioni. Il pensiero registico di Sala è stato quello di trasportare la vicenda medievale dell’opera in quella storica del teatro e della sua città. Aroldo non è quindi più un cavaliere scozzese di ritorno dalle crociate, ma un fascistissimo soldato italiano che nel 1936 rientra, mentalmente disturbato, dalla Guerra d’Etiopia: voci e filmati dell’epoca si sentono durante lo spettacolo nei momenti dei cambi scena, fino alla tempesta sul lago del IV Atto che si trasforma nel bombardamento di Rimini del 1943;  il teatro stesso è quindi il fulcro della vicenda, con le foto originali della sala distrutta proiettate sullo sfondo, il suo sipario dipinto recuperato dalle macerie, il sipario attuale esibito nell’apoteosi finale. Il libretto viene in parte adattato alla nuova drammaturgia fin dalla locandina dei personaggi, presentati per quelli che saranno concretamente in scena, con leggeri aggiustamenti dei dialoghi quelle volte che le parole originali non si adattano più alle nuove situazioni. Ogni aspetto della rilettura però funziona perfettamente fin dall’inizio, e lo spettacolo cammina soprattutto per la capacità di Sala di sostenere con coerenza la nuova idea narrativa ben oltre lo stupore iniziale, ma soprattutto per la sensibilità drammaturgica che si basa sulla musica prima ancora che sulla parola. Bellissimo il finale dove Mina dopo la lettura del perdono di Aroldo, si alza, si toglie l’impermeabile, se lo sfila anche Egberto. Aroldo e Briano si tolgono la tuta da lavoro. Spariscono i personaggi dell’opera e restano i cantanti in abiti contemporanei al proscenio. Ci guardano in volto, quasi negli occhi, per dirci, con Verdi, che tutti abbiamo bisogno di un perdono.

Manlio Benzi, pur esso riminese, a capo dell’Orchestra Cherubini  ha perfettamente portato a termine a livello musicale “l’ operazione Aroldo” dimostrando una devozione totale a una partitura certamente minore del catalogo verdiano, ma riproposta senza ritrosie, per quello che è nella sua integrità, con i suoi eccessi talvolta bandistici, con le sue (poche) debolezze spesso evidenti, nella consapevolezza comunque di rendere un servizio a un recupero culturalmente fondamentale.  Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è in gran forma, e a lui va uno speciale plauso per la perfetta intonazione (cominciando dal lungo passo a cappella che apre l’opera fino al difficilissimo “temporale cantato” del quarto atto) e la perfezione ritmica esibita sotto la guida di Corrado Casati.

L’Aroldo di Luciano Ganci, al debutto nel ruolo, è stato la conferma di una crescita vocale di una voce baciata dalla natura per bellezza e facilità di emissione. Mai una nota fuori posto, un fraseggio generico, o una incapacità nel cogliere la cifra stilistica di un personaggio vocalmente “scomodo” come il suo. Ganci si è buttato anima e spirito in una gara canora che lo ha portato fino al  termine in condizioni vocali fresche e spavalde, dimostrando una economia di mezzi ed una tecnica ineccepibile.

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MAHLER-CHAMBER-ORCHESTRA

CONCERTO DELLA MAHLER CHAMBER ORCHESTRA, DANIELE GATTI DIRETTORE - TEATRO PONCHIELLI DI CREMONA, VENERDI’ 14 GENNAIO 2022

La stagione 2022 del Teatro Ponchielli di Cremona si è inaugurata con uno straordinario concerto che ha visto il ritorno sul palcoscenico del Teatro Comunale la Mahler Chamber Orchestra diretta da Daniele Gatti, una delle bacchette italiane più prestigiose ed ammirate a livello internazionale, in un programma interamente dedicato a Schumann. Fondata nel 1997 grazie all’impulso artistico di Claudio Abbado e Daniel Harding su una formazione di base di 45 musicisti provenienti da venti paesi diversi, viene gestita in modo collettivo, concentrando il repertorio sul periodo classico viennese e il periodo romantico, mantenendo, però, anche un occhio di riguardo verso le novità contemporanee. Dal 2016 ha appunto quale Artistic Advisor il direttore d’orchestra Daniele Gatti, mentre il primo violino Matthew Truscott – musicista versatile, apprezzato sia nel repertorio moderno che in quello classico, attivo specialmente in ambito cameristico – la dirige regolarmente in concerti di musica da camera quale maestro concertatore.

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Foto di Gianpaolo Parodi.

ERNANI, GIUSEPPE VERDI - TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA, VENERDI’ 17 DICEMBRE 2021

Debutta al Teatro Municipale di Piacenza una nuova produzione di Ernani di Giuseppe Verdi.

Opera romantica, dalla trama improbabile ma di indubbio fascino e dalla ricca invenzione melodica, popolarissima nel recente passato, è diventata col tempo quasi una rarità. Ecco quindi che una nuova produzione di questo titolo, viene salutata con sempre estremo piacere, soprattutto per la gioia di uscire da una routine nefasta che vede ormai prevalere i soliti titoli della trilogia verdiana nei teatri italiani. Occasione ghiotta per nulla colta da Gianmaria Aliverta che, responsabile di una non regia, allestisce uno spettacolo infinitamente noioso dove,  oltre al paradosso di esigere continui cambi scena in uno spettacolo privo di scene, (i praticabili ideati da Alice Benazzi sui quali vengono proiettati i video di Luca Atilii, soliti nuvoloni e cascate d'acqua) ci informa nelle note di sala di aver allestito una produzione lontana dalle proprie corde di lettura ma con l’intento di rendere “il sapore della tradizione". Poche idee e confuse risultate in un affastellamento di manierismi e cliché che francamente speravamo di dimenticare e  invece ci vengono riproposte con in più il sadico gusto di un intento provocatore. Sipario.

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FOTO Umberto Favretto

IL TROVATORE, GIUSEPPE VERDI -TEATRO GRANDE DI BRESCIA, DOMENICA
12 DICEMBRE 2021

Si chiude in trionfo la Stagione d’Opera 2021 al Teatro Grande di Brescia, con“Il Trovatore” coprodotto nel circuito OperaLombardia che va a riprendere il raffinato allestimento sassarese del 2019, per la regia di Roberto Catalano.

La bellezza apparentemente semplice di questa produzione sta nel saper prendere un soggetto di per sé contorto - il cui intreccio è annoverato tra i più intricati nella Storia dell’Opera - e saperne cogliere, metabolizzare e sublimare gli archetipi, in una sintesi esistenziale di grande efficacia. Non si va a snaturare nulla: solo si preferisce accantonare il didascalico e le sovrastrutture per arrivare al cuore nudo dell’Opera, ambientandola - più che in uno spazio tangibile - in uno spazio mentale di ricordo, senso di colpa, passione ardente come quel “foco” che si ripresenta con insistenza nel libretto. Questa essenzialità dell’astratto e dell’universale, che sposta la vicenda in un luogo / non-luogo e in un tempo / non-tempo, riesce ad esprimersi perfettamente con l’asciuttezza del bianco e del nero, nella monocromia austera delle scene firmate da Emanuele Sinisi e dei costumi di Ilaria Ariemme. Elemento dominante sul palco è appunto la cenere: un’oscura fuliggine spettro di un passato che incombe indelebile sul presente, tormenta i protagonisti e offusca le loro anime. Ciascuno di loro tenta di liberarsene per tutto il corso dell’opera per tornare a uno spazio di luce e purezza ma, quando sembrano ormai vicini alla realizzazione dell’intento, ecco che sull’ultima nota del tragico finale un’altra cascata nera come la pece piomba su di loro. Pochi elementi, grandissimo impatto. Magistrali sono poi le luci di Fiammetta Baldiserri (riprese da Oscar Frosio), che in una scena così minimale assumono un ruolo di particolare rilievo. Silhouette di contrasto rivelate lentamente da pannelli mobili, giochi di ombre portate, un bagliore accecante a richiamare la Pira, riflessi filtranti dal tulle trasparente che delimita il proscenio: tutto contribuisce a una resa visiva poetica e di grande suggestione.

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Foto Granfranco Rota

L' ELISIR D'AMORE, GAETANO DONIZETTI - TEATRO DONIZETTI DI BERGAMO, DOMENICA 5 DICEMBRE 2021

Finalmente si riparte. Dopo tanto (troppo) tempo alle prese con chiusure, platee fantasma e opere in streaming, L’Elisir d’Amore inaugura finalmente la stagione del Festival Donizetti Opera, con un’edizione speciale di cui scriveremo approfonditamente più avanti. L’emozione e il clima di festa sono palpabili, l’accoglienza del pubblico calorosa: ancor prima di entrare in teatro riecheggiano in piazza le note dell’opera con il tipico teatro di marionette e una banda in accompagnamento. All’ingresso le maschere distribuiscono ad ogni spettatore una bandierina gialla e rossa (i colori della città) con una citazione dal libretto dell’opera: “Cantiamo, facciam brindisi a sposi così amabili. Per lor sian lunghi e stabili i giorni del piacer!”. Poco dopo scopriremo, istruiti dal Maestro delle Cerimonie impersonato dall’istrionico Manuel Ferreira, che saremo chiamati a sventolare bandiere e cantare insieme al coro quel brano, durante la scena delle nozze. Una trovata in apparenza un po’ naïf, ma coinvolgente quanto basta a strappare un sorriso al folto pubblico (finalmente) in sala per celebrare tutti insieme, con leggerezza, la ripartenza del Festival dopo due anni, in una città così colpita e purtroppo simbolo della pandemia.

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