Fa sempre molto piacere quando un Festival organizzato e promosso da giovani prende il largo con gli anni per guadagnarsi sempre più spazio nella città che lo ha visto nascere ed anche oltre. Siamo arrivati all’undicesima edizione di Vicenza in Lirica, un festival che parte dall’estate per concludersi felicemente in autunno con tanti eventi culminanti nell’opera che vede protagonisti i vincitori del Concorso Tullio Serafin, nello specifico quest’anno ‘Così fan tutte’ di Mozart, premiata da un sold out per la prima recita di sabato sera. Spiace solo per la concomitanza che ha coinvolto il concerto in Piazza dei Signori dedicato alla indimenticata Maria Callas, svoltosi sempre nella stessa serata. Speriamo che in futuro l’Amministrazione comunale sia più attenta a ‘spalmare’ su diverse date eventi così significativi che auspichiamo diventino ancora più frequenti.
Interessante la chiave di lettura che il regista Cesare Scarton ha dato del libretto e che ci trova pienamente concordi, considerando i tempi in cui ci troviamo e come spesso finiscono i rapporti di coppia. Si evidenzia come in realtà i protagonisti vittime di una burla si trovino proiettati in una dimensione parallela che, forse senza neanche troppo stupore, svela quanto sin dall’inizio le due coppie fossero davvero male assortite e come i sentimenti celati nei confronti del partner dell’altro/a vengano irrimediabilmente alla luce quando messi alla prova. Nessun finale scoppiettante nei destini ormai stravolti: non si torna indietro né si prosegue per la nuova strada, forse per lo shock o per la vergogna: si prende atto e basta; la vita continua in altro modo.
Frizzantissimo però è lo spettacolo che è fatto da giovani e ne esalta le caratteristiche fisiche ed attoriali, con una scelta di costumi, opera di Anna Benvenuti, che mettono in risalto i colori e le nuance che la giovinezza porta con sé, volutamente un po’ kitsch e scanzonati.
Rispetto alla serata conclusiva del concorso Serafin cui abbiamo assistito, abbiamo notato un lavoro di approfondimento sulle voci in generale per tutti gli interpreti sul fraseggio, interpretazione e tecnica, che per qualcuno un po’ più acerbo ha portato a notevoli risultati. Le voci corrono sulla sala non enorme dell’Olimpico che raccoglie sonorità generose ed ampie. Spiccano le voci femminili, con una ottima Fiordiligi di Arianna Giuffrida, dalla voce voluminosa la cui personalità decisa riesce a coniugare la gioia per sentimenti mai provati prima con un senso di smarrimento per aver tradito la sua natura precedente. Più scanzonata la Dorabella di Benedetta Mazzetto, anch’ella di incontenibile brio e presenza scenica sciolta grazie ad uno strumento vocale sicuro e duttile. Assolutamente fantastica Francesca Maria Cucuzza nel ruolo di Despina: scanzonata, padrona della scena, vocalmente sicura e generosa, una colonna dello spettacolo a nostro avviso. Matteo Torcaso è dal suo canto un perfetto Don Alfonso traffichino e beffardo, cinico a tratti, forte di una bella personalità in scena ed un canto appropriato al suo ruolo un po’ crudele. Ferrando e Guglielmo sono rispettivamente Haruo Kawakami e Said Gobechiya, in linea con lo spirito dello spettacolo sanno essere scanzonati quanto basta fino alla batosta emotiva che vanifica le loro convinzioni. Kawakami ci sembra migliorato su pronuncia e fraseggio, a fronte di un timbro setoso che sentiremmo ancora in altri ruoli; Gobechiya ha una voce più ‘raccolta’ e comunque interessante, che siamo sicuri fiorirà col tempo e svilupperà tutte le sue potenzialità.
Altra protagonista l’ Orchestra dei Colli Morenici diretta da Marco Comin, coadiuvato da Fausto Di Benedetto al forte-piano. Il suono è limpido e brillante, gli interpreti sono accompagnati passo passo tra le scintillanti cromie e i giochi di ritmo di cui la partitura è pregna. Forse un po’ sacrificata rispetto alla nostra postazione per la predominanza delle voci poste sul palco rispetto alla buca, ma si percepisce chiaramente il lavoro svolto, il connubio con il palco, la coesione tra gli elementi di tutto lo spettacolo.