Non solo produzioni storiche in questo 100° Arena Opera Festival, a partire dalla controversa e avanguardistica Aida che l’ha inaugurato. Nuovo allestimento anche per Rigoletto, che in questa regia a firma di Antonio Albanese rappresenta una novità, per quanto l’impostazione generale rimanga incastonata nel solco della tradizione.
La Mantova rinascimentale del XVI secolo cede il passo ad ambientazioni e costumi anni Cinquanta, in un paesaggio padano malsano e stagnante. La trasposizione è visivamente suggestiva e può funzionare nel rispetto del libretto, anche se i movimenti delle masse e lo studio apparentemente superficiale sulle interazioni tra i protagonisti rimangono fin troppo convenzionali, relegando i solisti ad esibirsi il più delle volte frontalmente in proscenio, con una resa dal sapore spesso antico.
Restano interessanti i riferimenti al cinema Neorealista coevo all’epoca proposta, a partire dal preludio con la proiezione di un estratto da “Bellissima” di Luchino Visconti dove una bambina (nella pellicola figlia di Anna Magnani) viene derisa crudelmente da un gruppo di adulti, in un chiaro parallelismo con i cortigiani nei confronti di Gilda e la sua innocenza. Altra citazione viscontiana è la trattoria che qui sostituisce Palazzo Ducale e porta l’insegna EX DOGANA, ripresa dal film “Ossessione”.
Scongiurati i problemi tecnici della Prima proprio sulla piattaforma rotante centrale - nucleo della scenografia firmata da Juan Guillermo Nova - lo spettacolo scorre fluidamente, al netto del fastidioso rumore di calpestìo causato dal terreno fangoso, che moltiplicato per il vasto numero di coristi in movimento sul palco spesso va addirittura a sovrastare la musica.
Un peccato che si vada a sporcare così ingenuamente la concertazione intensa e chiaroscurata di Marco Armiliato, sempre attento nell’alternare dinamiche e stacco dei tempi al fine di valorizzare la poliedricità della partitura verdiana, anche dal punto di vista dello sviluppo drammaturgico.
Dopo il debutto areniano dello scorso anno come Germont, Ludovic Teziér torna a Verona da protagonista: un Rigoletto sanguigno, che fa della marcata espressività teatrale la sua cifra, senza rinunciare a una linea di canto sontuosa che trova forse la sua massima espressione nello struggente finale. Il baritono francese tratteggia ogni lato del suo personaggio con cura maniacale, dall’accorato “Deh, non parlare al misero” al trasporto quasi solenne del “Veglia, o donna”, trasfigurandosi nell’atto secondo per poi esplodere in un “Sì, vendetta” di incontenibile violenza.
Interessantissima la giovane Gilda di Giulia Mazzola, che copre nuovamente l’indisposizione del soprano inizialmente scritturato. Una vocalità sottile e cristallina la sua, che tuttavia non stenta a correre in tutto l’anfiteatro con estrema facilità e suoni ben proiettati anche nei pianissimi, riproposti con grande frequenza ma sempre ben calibrati nell’emissione. Saggio di queste qualità è certamente il suo memorabile “Caro nome”, dove si districa facilmente tra sovracuti e agilità.
Yusif Eyvazov debutta il ruolo del Duca di Mantova in sordina, come sempre squillante e muscolare nel canto ma non troppo calato nella parte, con tanto di frequenti amnesie su interi blocchi di testo. Rimane pregevole l’esecuzione dell’aria “Parmi veder le lagrime”, accolta da lunghi applausi a scena aperta.
Gianluca Buratto è uno Sparafucile di lusso, tenebroso nelle movenze e nel bel timbro profondo. Il suo duetto con Rigoletto è da annoverare tra i momenti più alti della serata, con un fa di chiusura così incisivo e a lungo sostenuto da far tremare i gradoni di pietra.
Corretta la Maddalena di Valeria Girardello, anche se il volume non debordante tende a farla scomparire soprattutto nel quartetto. Buono anche l’apporto dei comprimari.
Sempre puntuali ed incisivi gli interventi del Coro, preparato da Roberto Gabbiani.
Caloroso il successo al termine con accese ovazioni per protagonisti e direttore, nonostante un’Arena insolitamente poco affollata.
Camilla Simoncini
PRODUZIONE E INTERPRETI
direttore: Marco Armiliato
regia: Antonio Albanese
scenografia: Juan Guillermo Nova
costumi Valeria Donata Bettella
Rigoletto Ludovic Tézier
Il Duca di Mantova YusifEyvazov
Gilda Giulia Mazzola
Sparafucile Gianluca Buratto
Maddalena Valeria Girardello
Giovanna Agostina Smimmero
Monterone Gianfranco Montresor
Marullo Nicolò Ceriani
Matteo Borsa Riccardo Rados
Il Conte di Ceprano Roberto Accurso
La Contessa di Ceprano Francesca Maionchi
ORCHESTRA, CORO, E TECNICI DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA
FOTO ENNEVI
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