Barbiere-di-Siviglia

COMUNICATO TSV - "Il Barbiere di Siviglia" in scena al Teatro Mario Del Monaco di Treviso

COMUNICATO STAMPA

 

 

“IL BARBIERE DI SIVIGLIA” IN SCENA AL TEATRO

 MARIO DEL MONACO DI TREVISO

 

Venerdì 8 e domenica 10 dicembre il capolavoro di Rossini debutta a Treviso

nel nuovo allestimento di Paolo Giani Cei che firma regia, scene e costumi

 

 

 

Treviso, 5 dicembre 2023 – Continuano gli appuntamenti della stagione lirica e concertistica 23/24 del Teatro Mario Del Monaco, che si prepara ad accogliere, a 10 anni dalla precedente messa in scena, uno dei capisaldi del repertorio comico del belcanto: “Il barbiere di Siviglia”. Il capolavoro di Gioachino Rossini debutta a Treviso venerdì 8 e domenica 10 dicembre – con anteprima per le scuole domani mercoledì 6 dicembre – in un nuovo allestimento frutto di una co-produzione tra Comune di Treviso - Teatro Mario del Monaco e Comune di Padova. Regia, scene e costumi sono di Paolo Giani Cei, mentre Giuliano Carella dirigerà l’Orchestra di Padova e del Veneto e i Solisti Veneti.

“Il barbiere di Siviglia” non è mai uscito dai cartelloni dei teatri di tutto il mondo. La commissione arriva a Rossini nel dicembre del 1815 e l’opera debutta il Carnevale successivo al Teatro romano di Porta Argentina. La prima è un flop: “Il Barbiere di Siviglia” per eccellenza era allora quello di Paisiello, venerato maestro della scuola napoletana autore di un’opera omonima di grande successo. Ironia della sorte, già dalla seconda rappresentazione la versione di Rossini surclassa quella di Paisiello, diventando quel successo internazionale che continua a divertire e incantare dopo ben più di un secolo. L’opera racconta le vicende del conte d’Almaviva che, aiutato dall’astuto barbiere Figaro, cerca di conquistare Rosina, aggirando con travestimenti e stratagemmi l’anziano don Bartolo, tutore della ragazza. Freschezza, brillantezza e ritmo incalzante hanno reso “Il Barbiere di Siviglia” simbolo della lunga tradizione dell’opera buffa italiana, tra intervalli comici e arie dalla bellezza intramontabile.

Il nuovo allestimento vedrà in scena un cast di grande prestigio, a partire da Annalisa Stroppa, che vestirà i panni della bella Rosina, e Dave Monaco, a cui sarà affidato il ruolo del conte d’Almaviva. Nikolai Zemlianskikh sarà Figaro, mentre Daniel Giulianini Leonard Bernad interpreteranno rispettivamente Don Bartolo e Don Basilio. Completano la compagnia di canto Daniela Mazzucato nel ruolo di Berta e William Hernandez in quello di Fiorello. Un onore per il teatro trevigiano la presenza di Annalisa Stroppa, tra i mezzosoprano più acclamati della sua generazione, habitué dei più prestigiosi teatri del mondo e tra le migliori interpreti del ruolo di Rosina attualmente in attività. Altro nome di pregio quello di Giuliano Carella, già direttore delle più importanti orchestre internazionali e qui alla testa dell’Orchestra di Padova e del Veneto e i Solisti Veneti, mentre il Coro Lirico Veneto sarà diretto da Giuliano Fracasso.

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LUCIE DE LAMMERMOOR – GAETANO DONIZETTI, TEATRO SOCIALE DI BERGAMO, 26 NOVEMBRE 2023

Il terzo appuntamento del festival Donizetti Opera 2023 è riservato al titolo più atteso della stagione: Lucie De Lammermoor, il capolavoro donizettiano nella sua più rara versione francese, rivista dal compositore nel 1839 con libretto tradotto e riadattato da Alphonse Royer e Gustave Vaëz. Non è un caso che sia stato scelto di rappresentarla in quel piccolo gioiello che è il Teatro Sociale di Bergamo Alta e non al Teatro Donizetti, in continuità con la realtà più contenuta del Théâtre de la Renaissance dove il titolo debuttò: una sala parigina promotrice di repertori innovativi, ma dai mezzi economici, strutturali e artistici più ridotti rispetto alla principale Opéra Garnier.

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LE CONTES D’ HOFFMANN , JACQUES OFFENBACH – TEATRO LE FENICE DI VENEZIA, VENERDI’ 24 NOVEMBRE 2023

Inaugura nel migliore dei modi la stagione lirica del Teatro la Fenice di Venezia, con un capolavoro senza tempo ed una serata speciale alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Governatore del Veneto Luca Zaia, l' inno nazionale, una sala gremita di vip, fotografi e pubblico internazionale che ha potuto assistere ad uno spettacolo vario, ricco e costantemente in evoluzione.

Le contes d’Hoffmann è un’opera immane per gestazione, scrittura e conseguente realizzazione scenica e non è da tutti potersi permettere di rappresentarla con professionalità, mezzi ed interpreti degni che ne rendano giustizia. Oggi ne apprezziamo ciò che fu concepito dopo i noti rimaneggiamenti, addirittura enigmi se non misteri di gestazione ed aggiunte alla morte prematura del compositore, su cui persino l’origine del cognome pone delle incognite, ed un nome che da Jacob divenne Jacques alla francese. Compositore notoriamente considerato un re Mida delle operette ma che voleva aggiungere al suo catalogo lavori più impegnativi contenutisticamente e che potessero annoverarlo anche tra gli artisti artefici di grandi opere serie della Terza repubblica francese. ‘Le contes’ è il più noto tra gli ‘esperimenti’ seri ed il più apprezzato che sia arrivato giustamente fino a noi. Tanti gli aneddoti legati tanto alla composizione quanto alle recite stesse di questo capolavoro, che porta con sé una sorta di magica aurea rendendo ancora più affascinante e ponendo aspettative ampie su quanto si vede in scena. Il mondo del poeta Hoffmann, che ci perdonerete se consideriamo ingenuo e sfortunato, si circonda di momenti di vita vera ed episodi di fantasia ed immaginazione, con scene di brio puro immediatamente rotte da dramma e magia quasi occulta. La presenza delle donne che lo deludono sistematicamente per loro stessa natura, del diavolo che costantemente imperversa sullo sfondo e non solo, ma anche la sua arte, spesso dimenticata e rievocata dalla Musa a mo’ di Grillo parlante. Tanto, tantissimo su cui lavorare per indagare sull’animo di un poeta che è anche un uomo – tipo dell’epoca ma in realtà di sempre, su cui il regista Damiano Michieletto studia, elabora e concepisce di conseguenza uno degli spettacoli più accattivanti degli ultimi tempi e cui il pubblico australiano, inglese e francese avrà l’occasione di assistere grazie alla collaborazione con i teatri Opera Australia, Royal Opera House Covent Garden Foundation, Opera National de Lyon.

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IL PARLATORE ETERNO, AMILCARE PONCHIELLI; IL TABARRO, GIACOMO PUCCINI – TEATRO FILARMONICO DI VERONA, REPLICA DI MERCOLEDI’ 22 NOVEMBRE 2023

Dopo l’esperimento andato in ‘onda’ in streaming nel 2021 causa pandemia, torna in scena a Verona con pubblico in sala l’inedito dittico, che vede due titoli diametralmente opposti come il divertente 'Parlatore eterno' di Ponchielli ed il drammatico 'Tabarro' di Puccini.

Come scrivemmo allora si tratta certamente di una accoppiata insolita, perché vengono affiancati uno scherzo comico,  l’esperimento di Ponchielli, ed una delle opere del Trittico pucciniano, che si discosta decisamente dai temi, le atmosfere e la musica del primo pezzo.

Ricordiamo che Puccini fu allievo di Ponchielli al conservatorio di Milano e ciò ci fa pensare ad una sorta di passaggio di ruolo in questo dittico, con il Maestro che si rivolge ad un passato stilistico in via di estinzione, mentre l’allievo è avviato verso un futuro musicale fatto di intuizioni sonore che avrebbero conosciuto le generazioni successive, con una modernità che ancora oggi ci stupisce ed affascina.

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LUISA MILLER, GIUSEPPE VERDI - TEATRO GRANDE DI BRESCIA, DOMENICA 5 NOVEMBRE 2023

Puro trionfo per un talento autoctono, questa Luisa Miller al Teatro Grande. Nell’impervio ruolo del titolo, il giovane soprano bresciano Alessia Panza - classe 1998 - affronta l’impervia scrittura dedicata alla protagonista con tutto lo spessore vocale e interpretativo di cui necessita. Una scommessa vinta e una promessa per il futuro, con le colorature cristalline dell’atto primo (“Lo vidi e ‘l primo palpito”) e lo straordinario lirismo spinto e drammatico nel secondo (“Tu puniscimi, o Signore”), forte d’un timbro caldo di naturale bellezza e fascinosa vocalità di pasta duttile e corposa. Un’artista da tener d’occhio negli anni a venire, con un mezzo di per sé prezioso che con un fraseggio già assai raffinato e consapevole non potrà che regalarci altre grandi interpretazioni in ruoli verdiani e non.

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MANON LESCAUT, G. PUCCINI – TEATRO VERDI DI TRIESTE, MERCOLEDÌ 8 NOVEMBRE 2023

Dopo lo slittamento iniziale dovuto allo sciopero delle maestranze per rinnovo del contratto nazionale, è andata in scena presso il Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste Manon Lescaut. La serata di gala inaugurale è stata posticipata e ripresa il giorno 8 novembre, anche se in una versione che è apparsa un po’ dimessa per quantità di pubblico presente anche se, ovviamente, non sono mancate le pellicce e i lustrini di rito.

Terza opera del compositore toscano, appena approdò nei teatri europei Manon divise la critica dell’epoca, ma alcuni, su tutti l’inglese George Bernard Shaw, riuscirono a capire come Giacomo Puccini fosse riuscito a raccogliere l’eredità di Verdi - e tutto il suo bagaglio di italianità - e ampliarla attraverso l’uso di quel sinfonismo ricco di leitmotiv proprio dell’area germanica, o per meglio dire, di Wagner.

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DON CARLO - GIUSEPPE VERDI, TEATRO COMUNALE PAVAROTTI FRENI DI MODENA, DOMENICA 5 NOVEMBRE 2023

‘Versione Milano’
Opera in quattro atti su libretto di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini tratto dall’omonima tragedia di Friedrich Schiller

Nasce da Modena, in collaborazione con i teatri di Piacenza, Reggio Emilia e Rimini, lo spettacolo che riporta alla luce e rinfresca l’allestimento del 2012 che ci preparava al bicentenario dalla nascita del suo compositore. Allora fu portata in scena la versione modenese in cinque atti, giustamente giocando in casa, ma si è ritenuto opportuno variare in questa occasione e portare in scena la versione in quattro atti ‘Milano’.

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L'ACCADEMIA DI SANTA CECILIA RICORDA YURI TEMIRKANOV

Accademia Nazionale di Santa Cecilia 23-24

                                                                     

YURI TEMIRKANOV E SANTA CECILIA

Uno dei massimi direttori del nostro tempo ci ha lasciati: Yuri Temirkanov è scomparso oggi all’età di 84 anni. Direttore Onorario dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dal 2015 e Accademico Onorario dall’aprile 2007, Temirkanov debuttò sul podio dell'Orchestra e del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 1979 e da allora, per quarant'anni, il Maestro russo ha stabilito un rapporto continuativo e artisticamente importante con la nostra Istituzione.

Michele dall’Ongaro, Presidente-Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha voluto ricordarlo con queste parole: “La perdita di Yuri Temirkanov è una gravissima ferita perché il rapporto con il nostro Coro e la nostra Orchestra è stato lungo e intenso e costellato da tappe fondamentali per la costruzione della storia della nostra Istituzione. L'arte di Temirkanov, la sua capacità, la sua intelligenza, il suo modo ineguagliabile di modellare la musica, il suono ricco di storia, di morbidezza e di intelligenza che riusciva ad ottenere dalle nostre compagini rimangono esempi ineguagliati di civiltà musicale e non solo. Lo piangiamo con grandissima tristezza e riconoscenza”.

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AMLETO, FRANCO FACCIO - TEATRO FILARMONICO DI VERONA, REPLICA DI 29 OTTOBRE 2023

“Ma bisogna pur dire che ora, riandando nella mente l’Amleto compiuto, mi pare di rinvenirvi l’idea di quel tale melodramma così fatto, presentito, sognato e invocato dall’arte e un pochino anche dal pubblico”. Con queste parole il solerte Arrigo Boito, sempre alla ricerca della nuova scoperta melodrammatica che scuotesse le acque rese stagnanti dalla presenza preponderante dell’anziano Verdi, in attesa del proprio Mefistofele, proclamava l’importanza dell’Amleto di Franco Faccio  andato in scena a Genova nel 1865. Faccio non era uno sconosciuto: solo due anni prima e questa volta alla Scala, era andato in scena con buon successo “I profughi fiamminghi” su libretto di Emilio Praga e Verdi l’aveva pure apprezzato, non si sa se più per scherno o per verità. Aveva tuttavia messo in guardia il giovane compositore veronese dal troppo smarcato impegno che non corrispondeva ad un autentico rinnovamento dall’interno. Impegno di un'apertura verso un tipo di opera che era ancora il "grand-opéra” meyerbeeriano  filtrato dall’esperienza verdiana con qualche tocco orchestrale “alla Wagner” prima maniera e con un uso abbastanza insistito del declamato nel canto. In Faccio, se di influenza wagneriana si può parlare, questa appare limitata ad un più esteso utilizzo dell’armonia cromatica, quasi maniacale, ma non nella drammaturgia e nemmeno nella concezione dei Leitmotiv. L’Amleto si può dunque considerare un’opera di transizione che cerca di provocare una cesura con la tradizione operistica precedente, pur rimanendo debitrice però, ancora di  innegabili manierismi. Nonostante le inclinazioni wagneriane di Faccio, questa dell’Amleto è musica che rimane prettamente “italiana”, con arie, duetti e cori tradizionalissimi. Alcuni passaggi potrebbero addirittura essere usciti dalla penna dello stesso vituperato (per Boito e Faccio) Verdi, soprattutto la marcia funebre di Ofelia, che è assolutamente il punto più memorabile e bello dell'intera partitura.La ripresa dell’Amleto alla Scala nel 1871  ebbe esito catastrofico, in parte per la mediocre esecuzione, togliendo questo interessante ma troppo ambizioso compositore dall’agone operistico  e lasciandolo a quello di direttore d’orchestra dove raggiunse risultati eccelsi.Riscoperta la partitura e in parte revisionata tra le due (uniche) versioni, Anthony Barrese dell'Opera Southwest (Albuquerque) ha realizzato un'edizione esecutiva dal manoscritto autografo e da una partitura per canto e pianoforte, edizione successivamente utilizzata dal Festival di Bregenz nel 2016 per la rinascita europea dell'opera di Faccio come parte delle celebrazioni per i  400 anni di Shakespeare. La Fondazione Arena di Verona decise di mettere in scena l’Opera nella città del compositore nel nefasto anno della pandemia. Dopo vari rinvii e cambi di cast anche all’ultimo momento, Amleto è finalmente andato in scena sulle tavole del Teatro Filarmonico con un esito molto felice.

Il merito principale va ovviamente alla sterminata compagnia di canto che si è dovuta trovare di fronte uno spartito ed un’opera senza una tradizione esecutiva a cui appoggiarsi, studiando e assimilando una musica che probabilmente (anzi sicuramente) non entrerà mai in repertorio.

Finalmente abbiamo udito “Amleto con l’Amleto”, perché la voce di Angelo Villari nel ruolo del titolo è pressoché perfetta. Proiezione stupefacente, tenuta impeccabile per tutte le tre ore dello spettacolo nel quale è quasi sempre presente in scena, nessuna difficoltà nei pericolosissimi passaggi di registro che, quasi a trabocchetto, Faccio pone praticamente ogni due per tre. Aiutato da una regia non particolarmente esigente, Villari si concentra esclusivamente a tornire il declamato della sua parte in maniera veramente esemplare, portando a termine la recita in maniera convincente dalla prima all’ultima nota.

Suo perfetto contraltare è stato il Claudio di Damiano Salerno, anch’egli quasi sempre in scena e con una parte che insiste sul canto di conversazione e sulla parte alta del rigo baritonale, raggiungendo il culmine nel “O padre nostro ~ che sei nel cielo” cantato con maestria encomiabile nel rendere tinta e suggestione.

La Gertrude di Marta Torbidoni si conferma cantante di altissima qualità, non solo dal punto di vista vocale, perché è  inappuntabile nella sgraziata sua parte scritta da Faccio, tutta intessuta di salti di ottava e accenti al limite del verismo. Ma anche per una interpretazione veramente credibile. La sua non facile aria “Ah che alfine all'empio scherno” al terzo atto riceve giustamente applausi convinti.

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PELLÉAS ET MÉLISANDE, C. DEBUSSY – VICENZA OPERA FESTIVAL AL TEATRO OLIMPICO, 26 OTTOBRE 2023

Siamo arrivati all’edizione 2023 del Vicenza Opera Festival, fortemente voluto nella città berica dal suo Direttore artistico Ivan Fischer, proprio perché come detto nelle passate edizioni, si svolge in quello che con nostro grande orgoglio egli definisce uno dei teatri più belli al mondo. Organizzata dal team di Fischer, la Ivan Fischer Opera Company, quest’anno è andata in scena la tragedia Pelléas et Mélisande,  raggiungendo, come l’anno scorso per The turn of the Screw, anche quel pubblico un po' più ricercato che si reca maggiormente di buon grado a teatro se non sono proposte le solite opere di repertorio standard. Il programma del breve Festival ha previsto 3 recite dell'opera ed un concerto sinfonico, che hanno registrato alto gradimento come per le edizioni precedenti. Segno che Vicenza è un palcoscenico molto vivo e che il pubblico locale o in visita ha fame di musica, bellezza, arte e che quando si organizzano eventi interessanti risponde sempre con fervore.

Il supervisore dello spettacolo è lo stesso Fischer, anche in veste di regista, ma coadiuvato dalla sua squadra di collaboratori che comprende alla regia stessa Marco Gandini,  Andrea Tocchio per le scene, Anna Biagiotti per i costumi e per le luci Tamás Bányai.

Pelléas et Mélisande andò in scena nel 1902 dopo anni ed anni di lunghissima gestazione e si pone su di un piano completamente diverso rispetto a quanto ascoltato nel secolo precedente; fu definita rivoluzionaria per stile e contenuti, priva forse di quel ‘languore’ trasognante cui il pubblico era stato abituato.

Utilizzando tutto lo spazio a disposizione dell’ Olimpico viene occupata anche la cavea solitamente  destinata all’orchestra, cercando di ricostruire gli ambienti immersi nel verde, ora foresta, ora parco del castello, ecc., in cui si possono vedere accennati anche gli altri luoghi in cui agiscono i fratelli Pélleas e Golaud e tutti gli altri. Un sistema composto da piattaforme mobili fa sì che vengono innalzate man mano per creare quanto occorre in mezzo alla scena. I professori della Budapest Festival Orchestra son immersi e mimetizzati in tutta questa ambientazione, quasi a concepire una musica soave che prenda vita dagli eventi stessi che si susseguono.  Problemino del teatro Olimpico è riuscire a cogliere ogni volta l'insieme da tutte le angolazioni,  ma quest'anno siamo stati fortunati riuscendo ad avere una visuale abbastanza buona che permettesse di notare tutti questi dettagli.

Le voci, inoltre, per quanto splendidamente enfatizzate dall'acustica ampia, purtroppo vengono inghiottite dalle vie di Tebe della scenografia scamozziana quando gli interpreti si girano leggermente, non potendo chiaramente rimbalzare su un fondo piatto.

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LA BOHÈME, GIACOMO PUCCINI – TEATRO VERDI DI PADOVA, RECITA DI DOMENICA 22 OTTOBRE 2023

In previsione dell’anniversario della scomparsa di Giacomo Puccini che sarà ricordata nel 2024 ormai prossimo, molti teatri hanno doverosamente inserito nei propri cartelloni uno o più titoli del prestigioso catalogo pucciniano ed anche il Teatro Verdi di Padova omaggia il lucchese con la più classica delle opere ed anche tra le più amate dal pubblico, ossia una Bohème giovane, garbata e colorata.

La regia è affidata a  Bepi Morassi che si affida alle scene di Fabio Carpene per concretizzare questo allestimento fresco, frizzante e strettamente funzionale ai vari quadri rappresentati. Non è la prima volta in verità che assistiamo ad una sorta di scatola/impalcatura dove si svolge la storia raccontata e che di volta in volta svela con piccole suggestioni gli episodi che si succedono. Qui è una impalcatura agevole, che si rende funzionale con le luci, i diversi accorgimenti aggiunti all'occorrenza, la scalinata esterna che collega i vari ambienti e che torna utile per i movimenti dei cantanti. Insomma una scenografia non originalissima ma che rende lo spettacolo fruibile e scorrevole. Dal punto di vista drammaturgico sono molto bravi gli interpreti a non confondere gioventù con svogliatezza o inedia; tutti gli interpreti mostrano bene quanta sia la voglia di vivere e di divertirsi, ma sono anche tristemente consapevoli delle difficili condizioni in cui versano tutte le loro vite.

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA – GIUSEPPE VERDI, TEATRO REGIO DI PARMA, 15 OTTOBRE 2023

È piuttosto rara la possibilità di ascoltare dal vivo I Lombardi alla Prima Crociata, titolo di un giovane Verdi motivato dal successo del precedente Nabucco, che riuscì a replicare rievocando diverse intuizioni musicali dal più celebre titolo e sviluppando una nuova opera nel solco dello stesso filone patriottico-risorgimentale. Se il libretto di Temistocle Solera non è certo tra i più ispirati - imperniato su una trama quantomai contorta tratta dal poema epico di Tommaso Grossi -diverse sono le soluzioni innovative che fanno di questa partitura uno spazio sperimentale di notevole interesse, con sonorità di grande potenza e ardite soluzioni inedite in contesto operistico (pensiamo all’assolo di violino dal sapore paganiniano che apre l’atto terzo - magistralmente eseguito da Mihaela Costea - o al ruolo preponderante affidato ai numerosi concertati). Stupisce insomma che certa critica additi i Lombardi come lavoro minore e musicalmente volgare, quando in realtà ricco di spunti certamente acerbi ma altrettanto affascinanti.

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I DUE FOSCARI, GIUSEPPE VERDI – TEATRO LA FENICE DI VENEZIA, RECITA DI SABATO 14 OTTOBRE 2023

Dopo diversi decenni torna alla Fenice di Venezia il titolo verdiano che vede svolgere le sue vicende proprio nel capoluogo veneto, in una produzione in collaborazione col Maggio Musicale Fiorentino e proposta in 5 recite, l’ultima delle quali è quella a cui ci riferiamo in questo articolo. Venezia è città di grande fascino e mistero ed è naturale che molti tra poeti, artisti e naturalmente musicisti abbiano prestato la propria arte alla celebrazione della sua bellezza e della storia. Così Lord Byron che vi trascorse ben tre anni, dovette trovare particolarmente interessante per il suo dramma la storia del longevo doge  Francesco Foscari e le sfortunate vicende relative al figlio Jacopo.

Sembra quasi percepire l’animo particolarissimo del poeta inglese nel libretto di Francesco Maria Piave, con le sue tinte fosche ma intense a cui il regista Grischa Asagaroff ha attinto per concepire questo spettacolo. Siamo nel quindicesimo secolo e mette in scena una garbata rappresentazione in linea con l’epoca, avvalendosi delle scene e dei costumi di Luigi Perego che con i suoi chiaro scuri ci proietta in atmosfere sospese e pregne di pathos.

Niente di particolarmente spettacolare o innovativo comunque: semplicemente troneggia al centro del palco una torre girevole che richiama il monumento dedicato al Doge Foscari nella basilica dei Frari, che roteando appunto su se stessa crea di volta in volta le diverse ambientazioni, con qualche aggiunta significativa intorno. Lo spettacolo è tutto sommato scorrevole e gli interpreti più che altro stanno innanzi o intorno a questo imponente elemento scenico cercando di aggiungere del proprio vissuto ai diversi personaggi. L’insieme è comunque pertinente e di buon gusto. Anche le coreografie di Cristiano Colangelo sono delicate e piacevoli.

Una particolare energia ha pervaso tutto lo spettacolo, intesa come espressione di valore, di orgoglio, di resistenza tanto nel personaggio del Doge quanto in suo figlio, nella sposa caparbia e volitiva, e persino nei ruoli di contorno. Ne consegue che già con l’orchestra condotta da Sebastiano Rolli si è avvertita una sensazione di possanza, di orgogliosa manifestazione musicale, tradotta in una particolare veemenza nei suoni, dai ritmi interessanti e certo adatti agli accadimenti, ma che hanno portato gli interpreti a forzare spesso sui volumi e talvolta con risultati perfettibili. 

Luca Salsi si è trasformato nel Doge personificandolo al meglio delle sue possibilità con rigore, espressività e sfruttando le caratteristiche della voce austera di suo, ampia e profonda quando serve. Il figlio Jacopo è stato un Francesco Meli che probabilmente ha accusato un po’ la stanchezza dell’ultima recita, dando comunque tutto se stesso al personaggio dal destino non semplice, mostrando ancora una volta il bel timbro vocale che tutti conosciamo, se pur con qualche passaggio non perfetto. Anastasia Bartoli possiede certamente uno strumento canoro poderoso e ricco su tutta la sua tessitura; probabile che l’ energia dell’orchestra l’abbia spinta a cercare un suono più corposo che variegato, donando anche al suo personaggio un carattere parecchio vigoroso vocalmente.

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IL TROVATORE, GIUSEPPE VERDI - TEATRO REGIO DI PARMA, RECITA DEL 5 OTTOBRE 2023

Terzo titolo in cartellone al XXIII Festival Verdi, Il Trovatore va in scena al Regio in una nuova produzione che segna il debutto parmigiano di Davide Livermore. Contestato alla Prima da un pubblico notoriamente conservatore e accolto piuttosto tiepidamente anche in questa replica, l’allestimento proposto ha solo in apparenza il taglio provocatorio del Regietheater, ma l’approccio drammaturgico nel narrare la vicenda non si scosta tutto sommato dal solco della tradizione. Il regista torinese- in collaborazione con Carlo Sciaccaluga e dall’ormai rodato team composto da Giò Forma per le scene e D-Wok per le video proiezioni, con costumi di Anna Verde e luci di Antonio Castro, ripropone la sua consueta e riconoscibile cifra stilistica fatta di scenari distopici e cupi, trasposti in un’indefinita epoca post-apocalittica rievocata anche nei suoi ben noti Attila e Macbeth scaligeri. Al Quattrocento aragonese si sostituisce una periferia di freddo cemento e strutture metalliche, dove regna il degrado in una sorta di violenta guerra civile tra poli opposti della società: gli emarginati (rappresentati da circensi in luogo della comunità zingara) e i potenti (il cui simbolo sono i palazzi di cristallo sullo sfondo, che andranno a fuoco nel finale). Salvo pochi elementi strutturali in scena, il tutto prende vita attraverso il consueto ledwall che propone sul fondale una sequenza di animazioni senza soluzione di continuità, a tratti evocativa e a tratti illustrativa scadendo nel didascalico: suggestiva per esempio è l’insistente pioggia di cenere come monito costante della pira, più banali invece la luna quando viene nominata nel libretto, il fondale rosso quando si cita il sangue, una sostanza liquida quando si rievoca il veleno bevuto da Leonora. Come anticipato, aldilà della trasposizione più o meno apprezzabile a sensibilità personale, lo spettacolo ha il pregio di mantenere sempre alta l’attenzione dello spettatore, in una resa nel suo complesso dinamica e suggestiva che scorre fluida e coerente con se stessa. Unica eccezione la scelta che vede l’esecuzione di “Tu vedrai che amore in terra” allestita su un palcoscenico metateatrale con lampadari che calano improvvisamente dall’alto e specchi rivolti verso la sala semi-illuminata: che si tratti di una citazione o di una maldestra emulazione del Don Giovanni scaligero di Carsen, ci pare una soluzione isolata e gratuita che non va oltre ad un omaggio al melodramma in sé, che in questa regia nulla vale se non a distogliere il focus dalla tensione drammatica del momento.

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DIE ZAUBERFLÖTE, WOLFGANG AMADEUS MOZART – TEATRO PONCHIELLI DI CREMONA, RECITA DI DOMENICA 08 OTTOBRE 2023

‘Il flauto magico di Mozart’ ha per sua natura diremmo ‘mitica’ una sorta di aura magica che potenzialmente concede a registi e sceneggiatori di rimaneggiare il contenuto per adattarlo alle più svariate interpretazioni. D’altra parte spesso ci si affida al gusto dell’epoca o al momento storico in essere. Certo è che il mondo fiabesco cui si ispira il Singspiel di Mozart con le argute parole di Schikaneder ci porta sempre in una dimensione da sogno, che ci allontana per un po’ dal quotidiano e ci rimanda a qualcosa di misterioso grazie ai personaggi che l’opera stessa racconta. L’idea del regista Ivan Stefanutti in questo caso non intende assolutamente sconvolgere, e per fortuna aggiungiamo, il senso del libretto, anzi pur con una sua interpretazione, cerca di rendergli giustizia semplicemente cercando la magia raccontata nel mondo misterioso ed ampiamente celebrato dell’Oriente, con i profumi che possiamo immaginare e soprattutto i colori. L’atmosfera è soffusa su sfondi dai colori accesi e caldissimi, i costumi sono scintillanti ed anche se non possiamo definirla una imponente rappresentazione cinematografica, con il giusto quantitativo di elementi scenici ed una gestione drammaturgica intelligente, possiamo dire che il regista ha ottenuto il suo scopo.

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IL PAESE DEI CAMPANELLI – Carlo Lombardo, Virgilio Ranzato. Teatro Coccia di Novara, 1 Ottobre 2023

Quale migliore occasione del centenario dalla composizione, per riportare l’operetta alla ribalta con uno dei titoli più noti? Il Teatro Coccia di Novara - in collaborazione con il Festival della Valle d’Itria - ripropone dopo il debutto a Martina Franca “Il Paese dei Campanelli” di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, in una produzione di altissima qualità in grado di dare nuovo rilievo a un genere oggi poco frequentato e ingenuamente considerato minore, suggestivo ibrido di prosa e teatro musicale.

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IL SETTEMBRE DELL’ACCADEMIA 2023 - CONCERTO DELLA DRESDNER PHILHARMONIE, VERONA 05 OTTOBRE 2023

Trionfale chiusura del XXXII Festival del "Settemre dell’Accademia" con uno strepitoso concerto della Dresdner Philharmonie nel nome di Mozart, Schumann e Čajkovskij, che ha visto sul podio il direttore polacco Krzysztof Urbanski.

Fondata nel 1870 su iniziativa di alcuni cittadini benemeriti, l'Orchestra Filarmonica di Dresda ha segnato da subito il panorama musicale della citta tedesca. Dal 1885 in poi iniziò la sua stagione concertistica in maniera regolare fino a quando nel 1923 l'orchestra assunse il nome attuale. Nei primi decenni, sul podio salirono con le loro opere compositori come Brahms, Čajkovskij, Dvořák e Strauss. Paul van Kempen lo trasformò in un ensemble di primo livello dal 1934 in poi e dopo di lui hanno lasciato il segno nomi leggendari come Kurt Masur (direttore onorario dal 1994), Marek Janowski, Rafael Frühbeck de Burgos e Michael Sanderling, tra gli altri. Insomma una delle orchestre sinfoniche più blasonate della storia europea.

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74° Ciclo di Concerti del Centro Organistico Padovano - Santuario Madonna Pellegrina

Al Santuario della Madonna Pellegrina in Padova, ritorna nel mese di ottobre 2023 il 74° Ciclo di concerti promosso dal C.O.P. Centro Organistico Padovano nel suo 36° anno di attività. Il ciclo di concerti intitolato "Opificium Musicae - La fabbrica della musica" prende forma, come spiega la direttrice artistica Viviana Romoli, "con l'obiettivo di ...

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SETTEMBRE DELL’ACCADEMIA FILARMONICA DI VERONA - TERZO CONCERTO CON LA ROYAL PHILHARMONIC ORCHESTRA , SABATO 16 SETTEMBRE 2023

Davvero spettacolare la lista di eventi in programma al ‘Settembre dell’Accademia Filarmonica’ che anche quest’anno ospita orchestre di grande prestigio a livello internazionale, rendendo orgogliosa la città scaligera e confermando l’altissima qualità del festival arrivato alla sua trentaduesima edizione, e soprattutto rendendo felici coloro che hanno la fortuna di assistere ai concerti in calendario. È stata la volta della Royal Philharmonic Orchestra guidata dal suo direttore musicale Vasilij Petrenko con la meravigliosa Julia Fischer al violino, protagonista del secondo pezzo in programma.

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IL FESTIVAL PUCCINI 2024 - UN CARTELLONE STRAORDINARIO PER L'ANNO PUCCINIANO FIRMATO DA PIER LUIGI PIZZI

Per Celebrare il Maestro a 100 anni dalla morte il Festival Puccini di Torre del Lago alla sua 70.a edizione presenta un cartellone che ripercorre la parabola artistica di Giacomo Puccini.

6 titoli pucciniani in programma dal 12 luglio al 24 agosto

Sarà Pier Luigi Pizzi a firmare il cartellone 2024 del Festival Puccini, nominato dal Consiglio di amministrazione presieduto da Luigi Ficacci, direttore artistico per questa edizione speciale del Festival di Torre del Lago per  celebrare la sua 70.a edizione e l’anniversario della scomparsa di Giacomo Puccini. Con Pizzi alla direzione artistica,  in stretta collaborazione il direttore d’orchestra Jan Latham Koenig con l’ incarico di curare la qualità artistica dell’organico orchestrale e corale.

Rispondendo agli indirizzi dell’Amministrazione Comunale di Viareggio- dichiara il presidente della Fondazione Luigi Ficacci- fortemente impegnata  con numerosi altri progetti che coinvolgeranno i luoghi pucciniani di Viareggio e Torre del Lago,  il consiglio di amministrazione ha dato vita ad un programma davvero straordinario per contrappuntare l’anno pucciniano e celebrare con tanta musica la 70.a edizione del Festival dedicato al Maestro”.

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