Inaugura nel migliore dei modi la stagione lirica del Teatro la Fenice di Venezia, con un capolavoro senza tempo ed una serata speciale alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Governatore del Veneto Luca Zaia, l' inno nazionale, una sala gremita di vip, fotografi e pubblico internazionale che ha potuto assistere ad uno spettacolo vario, ricco e costantemente in evoluzione.
Le contes d’Hoffmann è un’opera immane per gestazione, scrittura e conseguente realizzazione scenica e non è da tutti potersi permettere di rappresentarla con professionalità, mezzi ed interpreti degni che ne rendano giustizia. Oggi ne apprezziamo ciò che fu concepito dopo i noti rimaneggiamenti, addirittura enigmi se non misteri di gestazione ed aggiunte alla morte prematura del compositore, su cui persino l’origine del cognome pone delle incognite, ed un nome che da Jacob divenne Jacques alla francese. Compositore notoriamente considerato un re Mida delle operette ma che voleva aggiungere al suo catalogo lavori più impegnativi contenutisticamente e che potessero annoverarlo anche tra gli artisti artefici di grandi opere serie della Terza repubblica francese. ‘Le contes’ è il più noto tra gli ‘esperimenti’ seri ed il più apprezzato che sia arrivato giustamente fino a noi. Tanti gli aneddoti legati tanto alla composizione quanto alle recite stesse di questo capolavoro, che porta con sé una sorta di magica aurea rendendo ancora più affascinante e ponendo aspettative ampie su quanto si vede in scena. Il mondo del poeta Hoffmann, che ci perdonerete se consideriamo ingenuo e sfortunato, si circonda di momenti di vita vera ed episodi di fantasia ed immaginazione, con scene di brio puro immediatamente rotte da dramma e magia quasi occulta. La presenza delle donne che lo deludono sistematicamente per loro stessa natura, del diavolo che costantemente imperversa sullo sfondo e non solo, ma anche la sua arte, spesso dimenticata e rievocata dalla Musa a mo’ di Grillo parlante. Tanto, tantissimo su cui lavorare per indagare sull’animo di un poeta che è anche un uomo – tipo dell’epoca ma in realtà di sempre, su cui il regista Damiano Michieletto studia, elabora e concepisce di conseguenza uno degli spettacoli più accattivanti degli ultimi tempi e cui il pubblico australiano, inglese e francese avrà l’occasione di assistere grazie alla collaborazione con i teatri Opera Australia, Royal Opera House Covent Garden Foundation, Opera National de Lyon.
Michieletto incornicia lo spettacolo come spesso accade in una geometrica ambientazione angolata dalla prospettiva particolarmente favorevole a chi osserva frontalmente, che si trasforma completamente pur senza perdere la struttura di fondo, per ottenere i luoghi così come egli gli intende del prologo, ossia la taverna di Mastro Luther, il laboratorio – aula scolastica del fisico Spalanzani con la sua Olympia che va letteralmente a fuoco, la pseudo scuola di ballo in cui è ricoverata la povera Antonia, qui cantante/ballerina, leggiadra figlia di una etoile del passato la cui anima danza con lei prima del canto fatale, circondata da adorabili danseuse; la casa di Giulietta che ricorda gli ambienti di Flora Bervoix agghindata come una ammaliante Marilyn, il cui party che ci ha ricordato molto il film Eys wide shut, tornando poi mestamente alla taverna tedesca di Luther ove il vecchio poeta conclude i suoi racconti. C’è da dire che succedono tantissime cose in scena, accompagnate quasi continuamente da ballerini perfettamente integrati nella storia e che dialogano con i protagonisti, siano essi demonietti, appunto ballerine, un trampoliere, persino roditori..il tutto però con gran gusto ed equilibrio ad arricchire un palco davvero pregno di eventi per cui è impossibile distrarsi, se non a rischio di perdere qualcosa di intelligente ed azzeccato che però magari accade sul fondo o in un angolino.
Così il viaggio del poeta Hoffmann parte dall’età avanzata in cui racconta del suo amore disperato per la cantante Stella e di tutte le donne che alla fine non sono altro che diverse facce di questa diva irraggiungibile e che, colpo di scena, altri non è che il diavolo tentatore e che evidentemente ha sempre cercato di allontanarlo dalla sua preziosa arte, a cui invece Musa e Nicklausse, qui con interpreti distinte, tentano costantemente di riportarlo. Ivan Ayon Rivas deve districarsi tra le diverse età del racconto, da anziano torna studente, poi uomo adulto ed infine ancora anziano nel presente, con espressività scenica e vocale data da una padronanza della voce che con un timbro non tipico ma che arriva dove occorre per la sua parte musicale, convince e si merita gli applausi ricevuti.
Un plauso indiscutibile alla bravura di Alex Esposito: il basso/baritono è impegnato nei molteplici ruoli di Lindorf, Coppélius, le Docteur Miracle e Dapertutto, il cui filo conduttore è la presenza quasi inquietante e diabolica insita nelle loro nature; l’interprete si cala con agio perfido nelle parti di questi esseri particolari, con una voce che rende alla perfezione per timbro ed emissione solidissima e carisma indiscutibile in ogni singola scena, talune anche molto forti emotivamente per chi assiste. Spettacolare il suo ‘Voilà’ quando alla fine rivela di essere in realtà niente meno che Stella!!!
Ben cantato ed intelligentemente interpretato il ruolo di Nicklausse di Giuseppina Bridelli; anche il suo personaggio trova sempre una collocazione simbolica in scena e mai banale, si presenta come una sorta di ‘uccellatore’ ma in veste di Grillo parlante sempre in agguato in senso buono per difendere l’arte del protagonista. Spettacolare la Olympia di Rocío Pérez che oltre ad avere la voce perfetta per una delicata bambola destinata a rompersi ha reso in modo simpatico e preciso i movimenti del giocattolo meccanico, che il regista ha sapientemente alternato ad una bambola vera per poter mettere in scena gli effetti speciali. La sua aria è lineare, impeccabile, accompagnata da visualizzazioni sulla lavagna virtuale della aula in scena, ove numeri e formule pendono dal soffitto danzando per poi cadere al’improvviso. Carmela Remigio è una Antonia delicata scenicamente e vocalmente, capace di dar anima e cuore al suo personaggio di ballerina eterea dalla voce maledetta. Corretta e quasi surreale la Voix spirituale della sua defunta madre Federica Giansanti.
Veronique Gens è una Giulietta versione diva del cinema dalla voce piuttosto particolare che convince come i suoi compagni di viaggio anche per le doti sceniche. Ottimo anche Didier Pieri, anch’egli chiamato al notevole sforzo di offrire i molteplici ruoli di Andrès, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio. Ma tutta la compagnia di canto è di gran livello: la Muse decisa e sicura di Paola Gardina, il Nathanaël di Christian Collia, il fantastico Spalanzani/Doc pazzo di François Piolino, Hermann/Schlemill di Yoann Dubruque, ed il brillante Luther, Crespel di Francesco Milanese.
Tale spettacolo ed interpreti meritano attenzione particolare anche e soprattutto dall’orchestra per poter esprimere tutto il proprio potenziale; l’esperto Direttore Frédéric Chaslin concepisce una direzione piuttosto sinfonica, che sottolinea certo la bellezza e la varietà della musica di Offenbach, con la sua magia che da brio volge al dramma o al mistero, ma che talvolta tende ad energere rispetto agli interpreti che devono dare ancora di più, cosa che fortunatamente accade e che ha comunque permesso di apprezzare quanta professionalità e precisione ci sia in ognuno di essi. Il coro è sapientemente preparato da Alfonso Caiani.
Pubblico come detto delle grandi occasioni ha tributato applausi molteplici a tutti gli interpreti e, cosa non comunissima, una ovazione per il regista. Da menzionare anche i numerosi e continuativi applausi indirizzati al palco reale del Presidente visivamente emozionato. Particolarmente apprezzata la scelta di mostrare delle scarpette rosse in memoria delle donne vittime di violenza alla vigilia della giornata che ne celebra la lotta, portate sul palco dalla Pérez.
Maria Teresa Giovagnoli
PRODUZIONE
Direttore Frédéric Chaslin
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Coreografia Chiara Vecchi
INTERPRETI
Hoffmann Ivan Ayon Rivas
La Muse Paola Gardina
Nicklausse Giuseppina Bridelli
Lindorf, Coppélius, Le Docteur Miracle, Dapertutto Alex Esposito
Andrès, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio Didier Pieri
Olympia Rocío Pérez
Antonia Carmela Remigio
Giulietta Veronique Gens
La Voix Federica Giansanti
Nathanaël Christian Collia
Spalanzani François Piolino
Hermann/Schlemill Yoann Dubruque
Luther, Crespel Francesco Milanese
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Ballerini: Kevin Bhoyroo, Anastasia Crastolla, Silvia Gattafoni,
Coralie Murgia, Andrea Carlotta Pelaia, Francesco Scalas, Nicola Trazzi
trampoliere Figaro Su
nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
in coproduzione con
Opera Australia, Royal Opera House Covent Garden Foundation,
Opera National de Lyon
FOTO MICHELE CROSERA
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