Al debutto sulle tavole dell’Arena Shakespeare di Parma la nuova produzione di Peer Gynt di Ibsen voluta dalla Fondazione Teatro Due per la regia di Daniele Abbado. Lavoro iconico della letteratura teatrale norvegese, Peer Gynt è un'opera monumentale. un capolavoro assoluto in cui si incontrano personaggi fantastici a cominciare proprio dal protagonista. Una favola nordica di un'intensita' unica, un viaggio straniante ma al tempo stesso profondissimo negli abissi dell'essere umano perché "solo chi perde se stesso, ritroverà se stesso"! Il lavoro di Ibsen, già di per sé debordante, esagerato, lunghissimo viene qui proposto in un unica soluzione senza intervallo, cinque atti compressi in due ore e quaranta ininterrotte di un testo qui tradotto ed adattato ad una narrativa fluidissima, che sfugge ad una comprensione definitiva e rimanda di continuo ad incredibili possibilità interpretative.
Chi è quindi Peer Gynt per Daniele Abbado? Un mezzo matto dal cuore puro, un romantico sognante che giura anche di saper volare. Tutti nel villaggio lo deridono, lo sbeffeggiano, lui lascerà la casa e inizierà a vagare per boschi e paesi, in giro per il mondo, perso in una curiosità vorace, un desiderio di aprirsi a tutto e velleità di ricchezza che egli è certo lo renderanno il più bello e giusto degli uomini. Esigenze, capricci, fantasia divorante, Peer è una matassa di sentimenti in movimento. Torna a casa a salutare la madre morente, poi di nuovo riparte per mille luoghi più o meno immaginari. Solvejg è il suo grande amore, la perderà, la ritroverà, sempre fra smarrimenti e ritorni del suo inquieto cammino, dove arriva a capire che certa innocenza di dentro ancora protegge e ripara. Nella lettura di Abbado si snodano i fraseggi di una vita bellissima, reinventa questa creatura come un sogno del genio sul corpo malato di tantissimi destini, gli abiti della favola profonda su un corpo che scopriamo in tutte le sue età pur rimanendo sempre giovane. Nella sua versione, Abbado aggiunge la figura del Narratore (un iconico Massimiliano Sbarsi), trade union tra i vari atti che si trasformerà alla fine nel personaggio del fonditore di bottoni: un'invenzione somma nell'opera, la legge che ammonisce Peer e lo perseguita, come una tagliola morale pronta a castigarlo. Lo salverà Solvejg, giurando sul suo innato candore. Alla fine Peer non muore, non cede al giudizio sulla accettazione alla insofferenza di un mondo ordinato fino alla noia, ma si addormenta tra le braccia di Solveig simbolo di pietà e di riscatto di una vita.
Si sa, non c'è Peer Gynt senza Grieg, Abbado decide quindi di porre l'orchestra al centro del palcoscenico, facendole scorrere attorno la vicenda. Lavorando a intermittenza su quel dramma che riteneva "il meno musicale di tutti i soggetti", "un tema terribilmente intrattabile", Grieg in un vortice di scrittura e rifacimento, esprime la sua genuina vena melodica fiorita di brevi lampi di armonie raffinate e soprattutto funzionali soprattutto quando intervengono le figure femminili di Aase e Solvejg, o nei passi più introspettivi di Peer, o ancora nelle evocazioni di paesaggi naturali, accarezzati con finezza strumentale sottile.
Dei 26 numeri composti da Grieg, Marco Seco alla testa dell' Orchestra LaFil di Milano ne ha scelto una ampia selezione, adattandoli, invertendoli o anticipandoli a seconda delle esigenze dell'adattamento preparato da Abbado al testo di Ibsen. Secco non ha a disposizione il coro previsto e nemmeno i solisti vocali, ma ha diretto in maniera appropriata il materiale sonoro senza addentrarsi troppo nelle pieghe della partitura, che pertanto è scivolata via senza destare particolari impressioni.
Chi invece ci ha impressionato moltissimo è stato il Peer di Pavel Zelinskiy.
Autentico fuoriclasse dalla recitazione serrata e infaticabile, considerando che rimane in scena per tutte le due ore e quaranta dello spettacolo.
Voce sempre freschissima, salta, scivola, cade, si rialza, viene addirittura appeso per una decina di minuti quando viene cacciato dal signore di Dovre. Superlativo.
Nella selva dei personaggi che si susseguono sulla scena, uno più bravo dell'altro, un plauso alla bravissima Solveig di Elisabetta Mazzullo che oltre a recitare con sapienza la sua parte, canta addirittura in norvegese gran parte del lied a lei dedicato da Grieg con risultati interessanti.
Anche Valentina Banci, Aese severa e tenera come tutte le madri del mondo è commovente nella scena della sua morte oltre ogni aspettativa.
Peccato per le due uniche recite in programma, per uno spettacolo che ha riscosso un successo pieno senza riserve.
Pierluigi Guadagni
LA PRODUZIONE E GLI INTERPRETI
PEER GYNT
DI HENRIK IBSEN
MUSICHE DI EDVARD GRIEG
Arena Shakespeare Parma
20.6.23
con (in o.a.) Roberto Abbati, Valentina Banci, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Davide Gagliardini, Michele Lisi, Carlotta Mangione, Andrea Mattei, Elisabetta Mazzullo, Ilaria Mustardino, Luca Nucera, Chiara Sarcona, Massimiliano Sbarsi, Francesca Tripaldi, Pavel Zelinskiy
Orchestra LaFil – Filarmonica di Milano
scene e luci Angelo Linzalata
costumi Giada Masi
movimenti scenici Riccardo Micheletti
assistente alla regia Giorgio Pesenti
regia Daniele Abbado
direttore Marco Seco
produzione Fondazione Teatro Due
in collaborazione con LaFil – Filarmonica di Milano
Reggio Parma Festival 2023
Foto Marco Caselli Nirmal
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