Dimenticato in parte a causa dell’ingombrante fama del suo concittadino Puccini e stroncato dalla tubercolosi prima ancora di compiere quarant’anni, Alfredo Catalani è forse il compositore della “giovane scuola” che ha ricevuto meno attenzione dalla Storia. Oggi, in un’epoca in cui quel repertorio viene messo da parte per ragioni tanto estetiche quanto ideologiche – un vero vulnus per la nostra cultura musicale – assistere a *La Wally* ha il sapore della riscoperta: come rientrare in possesso di un frammento della propria tradizione, ormai percepito quasi come un reperto distante. Privata delle sue interpreti più carismatiche – pensiamo a voci come quelle della Olivero o della Tebaldi, capaci di imporsi con un’interpretazione viscerale – quest’opera oggi si ascolta con una prospettiva diversa. Più che la teatralità, marcata da un’estetica tipicamente fin de siècle, o la scrittura melodica, intensa ma frammentaria, ad emergere è soprattutto il valore della partitura orchestrale. La musica di Catalani non indulge mai in effetti facili né si lascia sopraffare da una retorica eccessiva, a differenza di quanto talvolta accade nei lavori di Mascagni – l’altro toscano della sua generazione, inserito nel triangolo con Puccini – o nelle pagine meno ispirate di Giordano. Più vicino a Wagner per l’idea di un tessuto musicale continuo, senza però rinunciare a strutture chiuse e riconoscibili, Catalani è verista più per il periodo in cui operò che per una reale affinità con il movimento. Più che rivalutato, andrebbe inquadrato nella sua giusta dimensione.
Anche l’elemento naturalistico, così centrale nell’opera e ulteriore segno della vicinanza di Catalani alla sensibilità musicale tedesca più che a quella italiana, si carica di contrasti. Da una parte, la natura appare come un luogo di fascinazione e sospensione quasi mistica; dall’altra, si manifesta in tutta la sua implacabile crudeltà, trasformandosi in una forza distruttrice. L’ultima immagine della valanga che si abbatte sulla protagonista non lascia dubbi: il mondo naturale, che poteva sembrare rifugio e spazio di libertà, si rivela invece una potenza ostile e inesorabile.
Il maestro Antonio Pirolli, a Verona, ne offre una direzione limpida e avvolgente, valorizzando appieno l’elemento sinfonico che permea la scrittura di Catalani. Il suo solido legame con l’orchestra si traduce in un’esecuzione coesa e reattiva, confermando l’affiatamento della compagine e la sua naturale predisposizione per il repertorio tardottocentesco. Pirolli accompagna con sensibilità le voci, senza mai perdere di vista le esigenze della partitura e i suoi richiami alla tradizione tedesca. Alla cura per il fraseggio e l’interpretazione si unisce un’attenzione particolare agli impasti timbrici, con scelte personali che rivelano una sapiente gestione dei diversi gruppi strumentali.
Monica Zanettin si cala con totale naturalezza nei panni di Wally, restituendone con intensità e raffinatezza il tormento interiore. Il soprano affronta le insidie del ruolo con solida padronanza tecnica, offrendo una linea di canto compatta e ben sostenuta, a eccezione di qualche lieve flessione nel registro grave e qualche difficoltà nel micidiale duetto finale. La sua interpretazione coglie con sensibilità ogni sfumatura emotiva del personaggio, dal lirismo più raccolto agli slanci più appassionati. L’aria “Ebben? Ne andrò lontana” emerge con struggente eleganza, grazie a un fraseggio cesellato e a un perfetto equilibrio tra dolcezza e determinazione, qualità essenziali per rendere pienamente la complessa psicologia di Wally.
Carlo Ventre offre un'interpretazione intensa e appassionata di Giuseppe Hagenbach, esaltando la scrittura vocale con il suo timbro luminoso e la solida proiezione del suono. La sua voce squillante si adatta bene alle esigenze drammatiche del ruolo, conferendogli un'energia vibrante, anche se talvolta tende a privilegiare la potenza rispetto alla sfumatura espressiva. Nel complesso, una prova di grande impatto, in cui emerge tutta la sua sicurezza nel repertorio verista.
Youngjun Park presta la sua voce a Gellner, delineandone con incisività il tormento interiore e la veemente passionalità. Il timbro robusto e l’ottima proiezione gli consentono di dare pieno risalto all’ambiguità del personaggio, sospeso tra il desiderio inappagato e la gelosia soffocante. La sua interpretazione restituisce con efficacia la complessa stratificazione emotiva del corteggiatore respinto, accentuandone la fragilità nascosta dietro l’impeto.
Di forte impatto è anche la prova di Gabriele Sagona nei panni di Stromminger, figura imponente e autoritaria. La sua vocalità piena e ben tornita conferisce autorevolezza al personaggio, mettendone in luce sia la brutalità che la tronfia sicurezza di sé. L’articolazione nitida e la saldezza dell’emissione contribuiscono a delineare con credibilità il ruolo del padre-padrone, il cui dominio inflessibile segna in modo determinante il destino della protagonista.
Il ruolo en travesti di Walter trova un’interprete vivace e disinvolta in Eleonora Bellocci, la cui presenza scenica e freschezza vocale conferiscono al personaggio leggerezza e spontaneità. La giovane cantante, ormai presenza consolidata nei cartelloni del Filarmonico, affronta la parte con sicurezza e naturalezza, restituendone con efficacia il carattere gioviale.
Marianna Mappa si distingue nel ruolo di Afra, offrendo un’interpretazione sfumata e credibile, in grado di valorizzare la sensibilità del personaggio.
Romano Dal Zovo, veterano della scena, si misura con la parte del Pedone di Schnals, ruolo insidioso che affronta con mestiere, pur non senza qualche difficoltà.
Il Coro della Fondazione Arena di Verona, diretto da Roberto Gabbiani, offre un’interpretazione precisa e ben calibrata, mantenendo una buona coesione tra le sezioni. Pur senza particolare slancio espressivo, la prestazione vocale risulta solida e adeguata alle esigenze drammaturgiche. Sul piano scenico, il coro si è mosso con naturalezza, contribuendo in modo efficace alla costruzione dell’atmosfera.
L’allestimento, con la regia di Nicola Berloffa, le scene di Fabio Cherstich, i costumi di Valeria Donata Bettella e le luci di Valerio Tiberi, giunge dal Municipale di Piacenza e si distingue per una messinscena di immediata leggibilità. L’attenzione alla chiarezza narrativa e alla definizione dei personaggi compensa, in parte, la limitata profondità psicologica del libretto. L’apparato visivo, pur caratterizzato da un’estetica oleografica densa e dall’impronta ormai superata, si integra armoniosamente con il linguaggio semplice dell’opera e si rivela funzionale nel restituirne le articolate esigenze scenografiche.
Applausi calorosi per tutti, dal cast all'orchestra, con il pubblico che ha accolto con entusiasmo questa Wally veronese, suggellando una serata riuscita.
Pierluigi Guadagni
LA WALLY
Dramma in quattro atti
Libretto di Luigi Illica
Musica di Alfredo Catalani
PRODUZIONE E INTERPRETI
Direttore Antonio Pirolli
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Nicola Berloffa
Scene Fabio Cherstich
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Valerio Tiberi
Wally Monica Zanettin
Stromminger Gabriele Sagona
Afra Marianna Mappa
Walter Eleonora Bellocci
Giuseppe Hagenbach Carlo Ventre
Vincenzo Gellner Youngjun Park
Il Pedone di Schnals Romano Dal Zovo
Orchestra, Coro e tecnici della Fondazione Arena di Verona
FOTO ENNEVI
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