I melomani veronesi con i capelli bianchi se lo ricordano bene quel Don Carlo del 1969 all' Arena di Verona.
Cantava per la prima volta nel catino romano un soprano spagnolo che qualche anno prima si era rivelata al mondo sostituendo l'indisposta Marilyn Horne in una recita di Lucrezia Borgia alla Carnegie Hall di New York.
Assieme a lei c’era in Arena un cast all stars con nomi come Cossotto, Cappuccilli, Domingo….ma i 20000 spettatori quella sera erano tutti lì per lei, per ascoltare quei fiati lunghissimi, quelle mezze voci e quei filati che di fama l’avevano preceduta. E fu un trionfo senza precedenti.
Un trionfo che lei volle omaggiare regalando alla città uno straordinario concerto qualche giorno dopo al Teatro Corallo (teatro dall’acustica prodigiosa ora in rovina…) con un programma che spaziava da Pergolesi a Strauss passando per Granados e Debussy, suggellando un trionfo meritatissimo.
Possedeva una tecnica straordinaria Monserrat Caballé acquisita in anni di studi rigorosi sul fiato che le hanno permesso di affrontare un repertorio sterminato da Vivaldi a Strauss passando per la Zarzuela e la canzone pop.
Monserrat Caballé non era solo una cantante straordinaria ma anche e soprattutto una donna simpaticissima, che sapeva mettere tutti a suo agio con quella sua risata contagiosa con la quale condiva le sue conversazioni. E poco importa che si trattasse di un famosissimo e rigorosissimo direttore d’orchestra o del suo parrucchiere di fiducia (a proposito, si mormora che a Pesaro nel 1986 durante le prove di quella Ermione che le costò fischi e improperi da parte di un pubblico che non le perdonò una performance non eccelsa, bloccò improvvisamente le prove adducendo come scusa che avesse un appuntamento con il suo parrucchiere) con la sua simpatica figura e il suo essere antidiva sapeva mettere tutti a suo agio anche in momenti particolarmente difficili. Chi scrive la ricorda in una recita di Andrea Chénier sempre all’Arena di Verona nel 1984 assieme al suo amato pupillo José Carreras, non riuscì a salire sulla carretta che la avrebbe dovuta portare al patibolo al termine dell’opera, e senza perdersi d’animo rimase a terra salutando con la manina nascondendo un malcelato sorrisetto, il suo amato che andava a farsi ghigliottinare.
Ci mancherai cara Montsy, ci mancherà soprattutto quella leggerezza con la quale affrontavi un mondo “incipriato e vano” sempre consapevole delle tue capacità rigorose che ti hanno portato ad essere probabilmente l’ultimo soprano assoluto.
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