DO, RE, MI … PRESENTO: IL TENORE EDOARDO MILLETTI

milletti

Facciamo qualche domanda al volo al tenore Edoardo Milletti, tenore umbro che si sta affermando nel repertorio belcantista ormai da qualche anno ed ora è impegnato nel ruolo di Ernesto nel Don Pasquale di Donizetti all'Opera di Montpellier.

- Edoardo, descrivi la tua vocalità come oggi la senti e come credi e speri di lavorarla in futuro?

La mia vocalità in questi anni ha subito molti cambiamenti. Essendo stata inizialmente identificata come una vocalità rossiniana, si sta adesso sviluppando verso direzioni donizettiane con qualche possibilità di approdo a qualche opera verdiana. Proprio l’anno scorso ho debuttato al Teatro Petruzzelli di Bari il ruolo di Edgardo e fra poco mi appresterò a debuttare un personaggio vocalmente complesso come quello del Duca di Mantova al Teatro Verdi di Busseto.

- La tua carriera è attualmente focalizzata in un repertorio belcantista con una predisposizione naturale per i ruoli di agilità; tra i ruoli recentemente interpretati ricordiamo Idreno in Semiramide e il Conte di Almaviva nel Barbiere di Rossini, ed ora affronterai il ruolo di Ernesto in Don Pasquale. Nel preparare questi ruoli particolarmente difficili per tecnica ed estensione vocale ti sei ispirato a qualche tuo collega blasonato e cosa c'è invece di tuo?

Il mio principale riferimento per il ruolo di Ernesto è sicuramente Juan Diego Florez, per tutta la morbidezza che riesce ad avere nel suo canto. Sono cresciuto consumando ore e ore davanti al DVD dove interpretava Ernesto a Zurigo. E’ inutile dire che in generale, per tutti noi tenori, il riferimento vocale principale resta sempre il grande Maestro Pavarotti.

- Come hai scoperto la tua voce e la predisposizione per un repertorio non particolarmente facile e scontato?

Credo che la mia vocalità abbia una maggiore facilità alla zona acuta e la scelta dei ruoli da eseguire è spesso condizionata da questo aspetto. Il mio percorso vocale è nato assolutamente per caso incontrando casualmente la mia maestra, il mezzosoprano Carmen Gonzales e si è sviluppato grazie alla sua prudente guida. Devo molto alla mia maestra, alla sua pazienza e alle sue intuizioni.

- Cosa significa per un tenore giovane ed in ascesa come te, la curiosità di affrontare nuovi ruoli e nuove sfide?

E’ il motore primario della mia attività di cantante. E’ capitato spesso di aver accettato ruoli con timore che poi sono riuscito a fare miei, a costruire. Penso al ruolo di Gernando in Armida di Rossini, sempre qui all’Opera di Montpellier, che mi ha dato molte soddisfazioni ma è stata un sfida veramente impervia.

- Ti spaventa il confronto con le interpretazioni del passato di un ruolo nel debutto?

Mi spaventa sì, eccome. Soprattutto per opere, come Don Pasquale, che hanno avuto nella storia interpreti memorabili. Però anche questa è un’impresa, un confronto soprattutto con se stessi.

- Hai avuto la fortuna di cantare in teatri italiani e stranieri, che differenze riscontri tra il pubblico straniero e quello italiano, in termini di età, emozioni, calore....?

Onestamente non saprei fare un parallelismo tra i riscontri avuti in teatri stranieri o in teatri italiani. Ogni serata è un mondo a sè. Sicuramente però succede di percepire in alcune occasioni particolari le emozioni e la partecipazione emotiva di chi ci ascolta. Per esempio ultimamente al Teatro Helikon di Mosca per un mio ultimo Barbiere di Siviglia di Rossini ho visto la molteplicità di generazioni che stavano partecipando alla recita e quella voglia di andare all’opera con il semplice e autentico desiderio di stupirsi e di godere di una performance, senza preconcetti e senza strane aspettative. Spero che l’opera diventi sempre di più un prodotto per tutti e fruito da tutti.

- Da artista cosmopolita spesso in viaggio per il mondo, come vedi il ruolo della musica nella società attuale? L' Opera ha ancora qualcosa da dirci?

Certamente si, soprattutto per la Sua immensa varietà. Quello che mi fa paura è che sempre più spesso si vogliono portare nell’opera e nella tradizione degli stereotipi della società attuale, che poco hanno a che vedere con i libretti. Questo un po' mi spaventa, perché secondo me potrebbe impoverire la grandezza di questa grande invenzione dell’uomo. Amo l’innovazione, ma nel rispetto della tradizione.

- Come vede un giovane artista che si sta affacciando ad una carriera internazionale, la situazione della musica in Italia?

Da giovane interprete sono molto spesso concentrato nello studio e nella preparazione della successiva opera o concerto che mi aspetta, non avendo forse gli strumenti per analizzare come sta realmente la Musica. Sicuramente posso dire che la mia attività di cantante si sta spingendo più all’estero che in Italia e posso valutare questo aspetto come elemento in ogni caso positivo, consapevole comunque del fatto che devo ringraziare il mio paese per quello che ha investito su di me in termini di formazione, essendomi diplomato all’Accademia del Teatro alla Scala ed avendo avuto importante formazione dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto e dalla Scuola dell’Opera Italiana del Teatro Comunale di Bologna.

- Qual è il tuo ruolo dei sogni e quello che più ti ha fatto penare finora?

Sicuramente quello che sto preparando ora, ovvero il Duca di Mantova, ruolo con delle pagine importanti, difficili e nuovo per me che provengo da titoli donizettiani e rossiniani. Il ruolo di Ernesto è un ruolo comunque difficilissimo con una tessitura talvolta acuta e talvolta sul passaggio che ha grandi complessità.

E noi incoraggiamo sempre i giovani artisti come Edoardo che portano il nostro paese nel cuore collezionando successi ovunque nel mondo. In bocca al lupo allora ad Edoardo per una lunga e felice carriera!

Pierluigi Guadagni