INTERVENTO AL CONVEGNO “L’OPERA NEL FUTURO”
Verona, 17 giugno 2023
Buongiorno a tutti e buonissima 100a edizione del Festival dell’Arena di Verona. Grazie al Ministero della Cultura e ad Anfols che hanno organizzato questo evento e dato al Sottoscritto, Presidente di Assolirica, l’opportunità di parlare. Per chi non conoscesse Assolirica siamo cantanti, direttori d’orchestra, registi, scenografi, costumisti, musicisti free lance riuniti in una associazione riconosciuta dalla legge 4/2013 quindi altamente rappresentativi. Sotto il Covid abbiamo ovviamente svolto una attività parasindacale ma la nostra principale missione è quella di tutelare l’alta professionalità dei nostri mestieri, UNICA garanzia per il futuro dell’opera lirica italiana.
IL FUTURO
Il futuro può essere domani, ma può essere anche tra 10 anni. Il futuro va programmato, avere una visione di cosa dobbiamo tornare ad essere. Non possiamo più limitarci a programmare eventi unici e irripetibili a costi esorbitanti, quasi fosse l’unica ricetta per rimettere sotto i riflettori l’Opera lirica italiana. La Lirica è praticamente l’unico settore dello spettacolo italiano a prevalente sostegno pubblico, quindi ci rivolgiamo innanzi tutto a chi amministra queste risorse che sono i soldi dei contribuenti.
Non ci addentreremo sulle potenzialità che l’arte lirica avrebbe la facoltà di sviluppare in un futuro prossimo, grazie a nuove e sempre più rivoluzionarie tecnologie, sia nel campo degli allestimenti che in quello della diffusione extrateatrale,
Vorremmo fare, invece, un’analisi assai più terra terra, “ciò che è mancato” negli ultimi vent’anni a livello di proposte culturali nelle stagioni delle attuali Fondazioni lirico sinfoniche e che riteniamo non debba più mancare in futuro, anche per salvaguardare e garantire una maggiore possibilità di lavoro della nostra intera categoria.
Crediamo che una grande sfida attenda questo Governo e questo Ministero: quella di provare ad invertire la rotta riguardo alle programmazioni RIPETITIVE e SCONTATE per cercare, con nuovi criteri, di ritornare ai fasti culturali degli anni’60 e ’70 dello scorso secolo.
La possibilità di scegliere un repertorio il più variegato possibile, si scontra con la storica mancanza di adeguate coperture finanziarie e talvolta anche con la competenza decisionale di taluni vertici. Noi presupponiamo che spesso questo si intersechi a INCOMPRENSIBILI, quasi SCELLERATI, parametri di valutazione
artistica per determinare i criteri di ripartizione FUS dei quali chiediamo assolutamente la REVISIONE non affidata solo ad algoritmi.
Eppure negli anni ’70 le stagioni dei Teatri lirici italiani abbondavano di repertori vastissimi con orchestre, cori e corpi di ballo che potevano supportare ogni tipo di repertorio (orchestre stabili di centodieci elementi, cori di almeno ottanta e corpi di ballo in tutti gli Enti lirici); Ma si sa che i corpi di ballo sono stati tagliati con operazioni che sono passate come eroiche per chi ha avuto l’apparente audacia di compierle, e anche per chi, rimanendo invece in organici stabili di altra natura, (leggi orchestre, cori e amministrativi) ha palesemente tirato un sospiro di sollievo, pensando in questo modo di aver salvaguardato il proprio di lavoro, fingendo di solidarizzare solo pro forma sulla soppressione della coreutica, che è ELEMENTO ESSENZIALE allo svolgimento dell’opera lirica per ALMENO UN QUARTO del suo repertorio. Oggi, quando va bene, le orchestre dei nostri Teatri sono composte da settanta elementi e gli organici dei nostri cori assomigliano, per numero di componenti, in alcuni casi, alle filarmoniche di paese: abbiamo testato con mano cori stabili di 38/40 persone con una età media di 55...quindi compagini in via d’estinzione); senza tralasciare i tagli al personale tecnico essenziale per la sicurezza sul palcoscenico. E’ chiaro a tutti che senza un corpo di ballo, un’orchestra strutturata in tutti i reparti ed un coro di almeno settanta elementi, META’ del repertorio mondiale è INESEGUIBILE.
Parlo per esempio de il Grand’Opera, parola quasi impronunciabile perché ormai sconosciuta ai più, anche tra gli addetti ai lavori;
- E’ esclusa la grande produzione di opere russe tardo ottocentesche e slave in linea generale, sono escluse le opere wagneriane e di scuola tardo wagneriana tedesca e francese, ma, per amor di patria, anche la notevole produzione post veristica italiana viene quasi dimezzata,
- per non parlare delle grandi Opere moderne della prima metà del Novecento (Schönberg, Berg, Debussy, Britten, solo per citare alcuni autori presenti abitualmente in tutti i paesi musicalmente evoluti) e potremmo continuare oltre, ma risparmiamo l’ascoltatore.
- Non si può pensare di perseverare nell'eseguire soltanto il Mozart della trilogia italiana, un po’ di opere buffe di Rossini e Donizetti e una parte della produzione verdiana e pucciniana. Diciamo una parte perché l’Aida od il Falstaff, Il Don Carlo o i Vespri Siciliani, così come la Fanciulla del West o la Turandot, possono venir eseguite, con questi tagli al personale artistico, solo inserendo di volta in volta CORI ESTERNI INTEGRATIVI, di AGGIUNTI per le Orchestre presi e subito abbandonati spesso con contratti a Part-time verticale che significa scrittura di un mese ma con sole 40 ore o meno, di CORPI DI BALLO composti per lo più da mimi e figuranti e con cambi scena fatti sempre meno in sicurezza per tutti!
E su questi tagli, su questi ridimensionamenti pongo questa domanda: Chi dovrebbe declinare il futuro dell’opera italiana?
In primo luogo gli studenti dei nostri Conservatori. Lo dico da Docente: inutile avere tanti Conservatori in Italia se non ci sono sbocchi professionali.
-Taglio degli organici,
-uso intermittente proprio dei più giovani, -Orchestre di nuova formazione che pagano 50 euro lordi per 4 ore di prova. ( 8 euro netti l’ora). Pago decisamente di più la Signora che viene a pulire il mio appartamento. Inutile “fabbricare” nuovi musicisti se poi non si sa dove inserirli. Diventeranno a loro volta insegnanti di Diplomifici.
Ma mi permetto anche di osservare i programmi di studio all’interno dei Conservatori devono ritornare a privilegiare il SUONARE e il CANTARE. Il confronto con i giovani musicisti provenienti da altre nazioni sta diventando impietoso. Non parlo per le eccellenze, che fortunatamente ci sono ancora. Parlo del livello medio dei nostri studenti. Forse i nostri Diplomati sono più colti dei loro colleghi di 20 anni fa ma certamente non hanno ore di studio a sufficienza per uscire dai Conservatori pronti per lavorare.
Dobbiamo quanto prima ripristinare la catena Conservatorio-Teatro anche passando per le Accademie teatrali che, guarda caso, stanno riempiendosi di giovani stranieri.
Oggi siamo qui per parlare dell’Opera del Futuro ma il futuro al quale noi ci rivolgiamo non è il futuro prossimo, ma il futuro un po’ più lontano: perché solo ragionando almeno su un decennio e non su anni, si può pensare di ribaltare la STATICITA’ che attanaglia i nostri Teatri e non ci fa certo brillare in Europa per originalità di scelte artistiche ! Il nuovo pubblico si costruisce con programmazioni da parte delle Fondazioni che curino l’aspetto educativo e promozionale
Ci sono Teatri virtuosi che svolgono tale attività nel migliore dei modi, trovandosi in sorte uno due appassionati cultori della materia che dimostrano cura ed interesse nell’affrontare questo settore, ma ci sono per contro tanti altri che fingono di svolgere tale attività, o se la svolgono, la svolgono così male che diventa clamorosamente antiproducente!
Ci perdonerete se a mo’ di esempio citiamo quello che nella nostra esperienza abbiamo conosciuto meglio e di cui abbiamo potuto a distanza di molti anni verificare i risultati: il Teatro Massimo di Palermo che da almeno vent’anni ha una struttura articolata, composta da personale competente, dedicata interamente all’attività promozionale e didattica con risultati che definirei clamorosi e che dovrebbero essere analizzati e studiati, dati alla mano, da tutti gli esperti del settore!
Quando parliamo di attività didattica non intendiamo i concertini promozionali che in maniera rapsodica, senza troppo coordinamento, vengono qua e là svolti da tutte le orchestre ed i cori, per giustificare l’obbligo del decentramento e della diffusione regionale di ogni Fondazione. Qui si intende una vera e propria programmazione parallela di attività operistica e concertistica, svolta quasi sempre al mattino, interamente dedicata alle Scuole. Questa attività a Palermo ha visto non solo la riproposizione di opere già note di repertorio, talvolta adattate e proposte ad un
pubblico scolastico, ma pure la commissione a molti compositori italiani, per scrivere operine ad hoc, quasi tutte prodotte in allestimenti assai pregevoli.
- Il proporre l’opera lirica ad il potenziale pubblico di domani in allestimenti pregevoli e non raffazzonati è operazione che richiede attenzione, serietà, competenza e capacità organizzativa con visione di lungo respiro.
Posso tranquillamente dire che a Palermo tutto questo c’è stato e se ora quel Teatro, dicevo, ha un pubblico fidelizzato e numeroso, è grazie, oltre alle parallele operazioni di marketing, alla percentuale di ex bambini che da adulti hanno deciso di abbonarsi e magari di spingere pure i loro genitori a farlo.
Costruendo organicamente sul proprio futuro ed investendo su questo, il Teatro ha indotto alla curiositas, concetto che un tempo l’Italia del Rinascimento aveva in sommo grado e che ora si è sempre più perduto. In una terra difficile come poche altre, ha stimolato l’apertura mentale e la curiosa accettazione di ciò che potrebbe apparire strano o diverso. Un successo non solo teatrale dunque ma anche culturale e sociale. Ed è ciò che con i soldi pubblici tutti i Teatri dovrebbero fare.
Ecco perché ci sembrerebbe necessario che tutte le Fondazioni lirico sinfoniche si dotino di una struttura simile a questa, grazie anche a dei fondi dedicati ad hoc dal nuovo FNS, che però dovrebbe poter controllare e verificare annualmente, da funzionari competenti, non tanto i risultati raggiunti, ovviamente, che quelli vanno valutati dopo anni, ma la qualità reale delle proposte didattiche sviluppate.
Se tutto ciò funzionasse a livello generale e diventasse strutturale, tra dieci anni potremmo anche pensare di ritornare, senza troppo timore, grazie ad un nuovo pubblico, a programmare con un po’ di maggiore varietà ed interesse, stimolando e variando con i soldi pubblici l’offerta culturale.
Insomma, il mondo dell’Opera nel futuro in Italia, patria del bel canto, ma con una scolarizzazione musicale pari a zero, noi lo vediamo assai diverso da quello attuale, dove nel totale rispetto delle regole contrattuali, non ci sia più la paura di programmare ad ampio raggio, certi che, operando come suggerito qui sopra, si avrà un pubblico fidelizzato aperto ad ogni proposta, consentendo in tal modo anche al nostro settore di ampliare clamorosamente la possibilità lavorativa.
Per fare tutto ciò, per invertire la rotta, a fronte di un necessario ed imprescindibile finanziamento iniziale, ci vuole un minimo di coraggio e seria competenza, e ci vogliono veri controlli da parte di organismi preposti.
Chiediamo che questo Ministero si interfacci con costanza e sinergia con quello dell’ Istruzione, giacché ci ritroviamo ad essere un paese sempre più musicalmente arretrato che vive di fasti del passato, ma senza più alcun Merito !
Concludo parlando del futuro che può essere anche domani. Questo futuro passa per due leggi di recente approvazione :
La legge Delega 106 (15 luglio 2022) sullo spettacolo dal vivo e la recentissima legge 49 (21 aprile 2023) sull’equo compenso.
Queste leggi per noi significano il ritorno della LEGALITA’ nei nostri contratti e nelle pratiche di ingaggio, con carenze che i due anni di Covid hanno clamorosamente palesato.
Centinaia di artisti hanno visto cancellare i propri contratti senza alcuna protezione dell’impegno sottoscritto. Questo perché i nostri contratti non prevedono a tutt’oggi il riconoscimento dei giorni di prova, di una diaria per le spese di vitto e alloggio, il riconoscimento di un equo compenso per le trasmissioni audio e video, la puntualità nei pagamenti. Prevedono invece l’esibizione a titolo gratuito in prove generali aperte anche a pubblico pagante. I nostri contratti prevedono che se il sottoscritto si ammala il giorno prima dello spettacolo, viene sostituito e torna a casa come se non avesse lavorato neanche un minuto.
Questa è la situazione degli artisti lirici in Italia. Queste criticità sono state da tempo palesate al Ministero e alla parte Datoriale che non è andata molto oltre “pacche sulle spalle” e “cuori partecipi oltre l’ostacolo”. Assolirica attende dall’ottobre del 2021 che si riapra un tavolo ministeriale per decidere assieme regole giuste e condivise ai sensi delle nuove leggi approvate.
L’ARTE del canto lirico italiano sta per essere riconosciuto come bene immateriale dell’umanità. Sto parlando di quello che offriamo al pubblico dal palcoscenico e che trasmettiamo ai nostri studenti. Vorrei per finire ribadire un concetto che sembrerà scontato ma spesso non lo è.
L’opera lirica non si fa senza gli artisti lirici. Eppure negli ultimi anni i nostri nomi sono via via sempre più spariti dai cartelloni quasi fossimo un optional. Ecco noi artisti siamo pronti a lavorare assieme per un futuro radioso per l’Opera lirica italiana. Sappiamo i molti problemi perché li viviamo giornalmente.
Dopo il Covid il nostro settore ha avuto la forza di ripartire ma a queste condizioni:
Diminuzione delle alzate di sipario; - Compensi di molto diminuiti con Minimi che rasentano il dilettantismo; - Lavorano pochi soggetti, sempre gli stessi con alta percentuale di artisti stranieri anche per ruoli secondari e comprimariali; - Sfruttamento dei giovani artisti che non hanno forza contrattuale in modalità usa, spremi e getta.
Per avere ragione di diritti che sono già sanciti da leggi del nostro Paese non lasciateci come unica strada quella di rivolgerci ad un giudice.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di ascoltarci
Maria Teresa has not set their biography yet