“Pinchas Steinberg dei miracoli”. Si potrebbe sintetizzare in questa frase il risultato del primo concerto della stagione sinfonica 2024 della Fondazione Arena di Verona.
Il programma, impegnativo e mai proposto da questa Fondazione in precedenza, si è inserito nelle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Anton Bruckner. e si é risolto tutto sommato con una eccellente esecuzione del Te Deum e una buona della quarta sinfonia del compositore austriaco. Difficile riassumere in poche righe la complessa vicenda umana e artistica di Bruckner. Difficile, soprattutto, coglierne le profonde ambiguità. Figura di "romantico" atipico, lontano dai furori della sua generazione, piuttosto incline alla meditazione e alla spiritualità, visse, in realtà, conflitti interni devastanti, delusioni, amarezze, emarginazione. Iniziato nel 1881 e completato nel 1884, il Te Deum è uno dei brani più avvincenti nati dall’estro creativo di Bruckner dove è riversa tutta la sua visione estetica e spirituale. Con il suo inizio immediatamente esplosivo, Steinberg sembra riprendere le fila di un discorso sospeso in aria da qualcun altro, innalzando un muro (almeno in questo caso metaforico) sonoro e canoro contro cui il pubblico immediatamente si scontra.
Come è tipico dell’architettura musicale bruckneriana, anche nel Te Deum la struttura continua a sgretolarsi e a riaggregarsi e solo parzialmente i soli del coro (in questa produzione Mariangela Sicilia, Annamaria Chiuri, Galeano Salas e Fabrizio Beggi) agevolano l’ascoltatore in queste transizioni. La notevole interpretazione di Steinberg ha dato il giusto rilievo ai momenti trionfanti e gloriosi ma ha anche saputo valorizzare tali momenti di dubbio, di spavento e di meditazione, che in altre interpretazioni abbiamo avvertito essere poco più che delle parentesi per riprendere fiato in attesa del successivo fortissimo.
Buono il coro della Fondazione Arena, preparato da Roberto Gabbiani, ottima la coesione del gruppo dei soli non mantenuta però nelle parti di solo, soprattutto per le voci maschili.
Eccellenti i soli del primo violino Peter Szanto.
Con la Quarta sinfonia le componenti fondamentali del sinfonismo bruckneriano (che vanno ricercate nella sua formazione culturale che attinge al barocco musicale austriaco da un lato e alla tradizione schubertiana del canto popolare dall'altro) acquistano un vigore ed una affermazione completa. Per Bruckner Il processo di interiorizzazione romantica viene portato alle estreme conseguenze, con elementi, spesso, di fissità ossessiva e concentrazione mistica.
Steinberg, sollecita l'orchestra, calibra sapientemente i crescendo, i rapporti tra luci e ombre, tanto essenziali nella dialettica bruckneriana. Evita di spingere sul pedale della deflagrazioni foniche; garantisce l’equilibrio tra la sezione degli ottoni, vero tallone d'Achille delle sinfonie di Bruckner, con quella degli archi e dei legni. Il direttore israeliano ha ottenuto un risultato che non impallidiva affatto rispetto ad esecuzioni di orchestre piu blasonate, sebbene non avesse a disposizione una delle maggiori orchestre tedesche con una grande tradizione bruckneriana, ma un’orchestra italiana, che – diciamolo senza timore - non ha affatto sfigurato al confronto, ottenendo un risultato assolutamente interessante.
E c’era anche molto di più di queste qualità che si raggiungono con gli anni e l’esperienza. Il gesto di Steinberg energico ma anche equilibrato, si è sviluppato nel grandioso e complesso movimento iniziale, con l’esposizione del primo tema a opera del primo corno - l’ottimo Paolo Armato - sul tremolo degli archi. Ma è tutto il primo tempo a procedere con un respiro misurato, con sonorità limpide, lontano dalle nervature che il titolo della Sinfonia suggerirebbe. Qualche piccolo problema di bilanciando tra le sezione Andante, mentre lo Scherzo si è risolto in una luminosità e uno slancio ritmico che facevano sembrare leggeri e volanti anche i robusti interventi degli ottoni.
Finale liberatorio contraddistinto da una drammaticità robusta e misteriosa, giocata sull’alternanza di esplosioni sonore e passaggi sospesi e suadenti. Steinberg e l’orchestra areniana affronta questo movimento conil giusto piglio, tecnica ferrea e solido scandaglio della partitura, insistendo particolarmente sulle esplosioni di suono, monumentali e dense ma pur sempre luminose. Incisive le battute finali, rese con radiosa e mistica esaltazione.
Lunghi applausi al termine con ovazioni per il direttore da parte sia del pubblico che dell’orchestra.
LA LOCANDINA
Anton Bruckner
- Te Deum per soli, coro e orchestra in Do maggiore WAB 45 ED. PETERS
Solisti:
Mariangela Sicilia, Annamaria Chiuri, Galeano Salas, Fabrizio Beggi
-Sinfonia n. 4 in Mi bemolle maggiore “Romantica”WAB 104 ED. HAAS
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore : Pinchas Steinberg
Maestro del Coro: Roberto Gabbiani
FOTO ENNEVI
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