OTELLO, GIUSEPPE VERDI - TEATRO LA FENICE, DOMENICA 1 DICEMBRE 2024

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Otello, penultimo capolavoro di Giuseppe Verdi su libretto di Arrigo Boito, ha inaugurato con grande attesa la Stagione Lirica e Balletto 2024-2025 del Teatro La Fenice. La prima del 20 novembre è stata infatti annullata a causa di uno sciopero del personale del teatro, il terzo dall’inizio della stagione, che aveva già fatto saltare Turandot il 30 agosto e il dittico La Fabbrica Illuminata ed Erwartung il 13 settembre. Proclamato dai sindacati il 20 agosto, lo sciopero è stato confermato in un’assemblea qualche giorno prima della serata inaugurale, ma non ha compromesso le recite successive, che si sono svolte regolarmente.

La partitura si distingue per una scrittura fluida e continua, che accompagna con straordinaria intensità l’azione e la psicologia dei personaggi. Verdi rompe con le forme chiuse del melodramma tradizionale, optando per una struttura “aperta” che privilegia il flusso narrativo e l’impatto emotivo. La direzione di Myung-Whun Chung, in linea con il suo consueto approccio al repertorio verdiano, ha saputo esaltare questa continuità musicale e drammatica, spingendo il pedale suoi momenti più concitati e corali come la tempesta iniziale, offrendo un’esperienza teatrale di rara forza espressiva, seguito da un' Orchestra del Teatro La Fenice che come al solito si esprime al meglio sotto la direzione del maestro coreano.
La regia di Fabio Ceresa segue il solco della tradizione con una recitazione e interazione fra i personaggi piuttosto stereotipata, con l'eccezione dello Jago interpretato da Micheletti, che si è portato dietro tutto il suo bagaglio di attore si prosa. L’impianto scenografico di Massimo Checchetto, ispirato alla Venezia lagunare, ha un forte impatto visivo e si presta bene a portare avanti il tema di continuità e fluidità dell'azione grazie alle sue porte e una buona gestione degli spazi: un palazzo astratto sembra emergere dalle acque, evocando il legame tra la città e il mare, elemento centrale nella drammaturgia dell’opera. Al centro della scena, una monumentale trifora dorata richiama la Basilica di San Marco, con i suoi decori e mosaici, creando una cornice di grande suggestione.
I costumi di Claudia Pernigotti, ispirati ai colori e alla ricchezza dei mosaici bizantini, e le luci di Fabio Barettin, che hanno sottolineato i momenti più drammatici e intimi, hanno ulteriormente arricchito lo spettacolo. Le proiezioni di Sergio Metalli, evocative di onde, cieli stellati ed elementi naturali, hanno aggiunto un tocco di modernità onirica. L'unico vero elemento distintivo della regia è stato il dualismo bene e male affidato al contributo coreografico di Mattia Agatiello: i suoi danzatori ha dato vita ai due simboli chiave e antagonisti: il Leone alato di San Marco, emblema della luce, e la fosca idra a nove teste, rappresentazione della gelosia e del male che Jago insinua nella vita di Otello.
Il debutto di Francesco Meli nel ruolo del protagonista segna una tappa fondamentale nella carriera del tenore genovese. Già apprezzato alla Fenice per i suoi ruoli verdiani come Manrico (Il Trovatore, 2011) e Radames (Aida, 2019), ha dimostrato una padronanza tecnica e interpretativa di alto livello. Al netto di qualche lieve oscillazione nei primi acuti, la voce di Meli conserva sempre buon volume e timbro ambrato; forte di fraseggio accurato, ha reso un Otello che - come era prevedibile - alterna lirismo e tormento, culminando in un finale di straordinaria intensità emotiva.
Karah Son, nei panni di Desdemona, palesa una vocalità luminosa e molto sonora nella zona medio-acuta, ma penalizzata da un vibrato stretto piuttosto pronunciato, e a tratti fastidioso. La sua interpretazione, pur arricchita da una certa sensibilità musicale, non ha brillato per fraseggio e dizione, risultando talvolta anonima. Peccato per l’esecuzione dell’Ave Maria nel finale, che grazie anche all'ottimo sostegno orchestrale, poteva valerle la serata ma la tensione è stata irrimediabilmente spezzata dalla suoneria di ben due cellulari.
Luca Micheletti ha dato vita a un Jago di grande spessore teatrale e cantato in modo a dir poco straordinario. Voce sicura e omogenea, fraseggio scavato, grande presenza – impossibile toglierli gli occhi di dosso anche nelle controscene - ottima recitazione costruita sui piccoli gesti, ha fatto capire a tutti i presenti perché l'opera dovesse intitolarsi Jago.
Chiudono il cast Francesco Marsiglia che ha interpretato un Cassio corretto, ma alquanto rigido, mentre hanno offerto una prova precisa e ben inserita nel contesto Enrico Casari (Roderigo), Anna Malavasi (Emilia), Francesco Milanese (Lodovico), William Corrò (Montano) e Carlo Agostini (un araldo).
Grande successo di pubblico con grandi consensi per Chung, Micheletti e Meli.

La recensione si riferisce alla recita di domenica 1 dicembre 2024.

Andrea Bomben

LA PRODUZIONE E GLI INTERPRETI 

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
direttore Myung-Whun Chung
maestro del coro Alfonso Caiani

Piccoli Cantori Veneziani
maestro del coro voci bianche Diana D’Alessio
altro maestro del coro voci bianche Elena Rossi

regia Fabio Ceresa
scene Massimo Checchetto
costumi Claudia Pernigotti
light designer Fabio Barettin

video designer Sergio Metalli
movimenti coreografici Mattia Agatiello

Nuovo allestimento Teatro La Fenice

Otello Francesco Meli
Jago Luca Micheletti
Cassio Francesco Marsiglia
Roderigo Enrico Casari
Lodovico Francesco Milanese
Montano William Corrò

Un araldo Carlo Agostini 

Desdemona Karah Son
Emilia Anna Malavasi

FOTO MICHELE CROSERA