MOSCOW PHILARMONIC SOCIETY, CONCERTO DELLA STATE SYMPHONY CAPPELLA OF RUSSIA. DIRETTORE VALERY POLYANSKY, PIANISTA DMITRI MASLEEV - Tchaikovsky Concert Hall di Mosca, martedì 18 giugno 2019

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Due ore e trenta. Esclusi 10 minuti di intervallo.

La durata dei concerti in Russia fa impallidire qualsiasi confronto con i programmi delle orchestre di qualsiasi luogo del globo terracqueo. Il tempo è danaro e in Russia ogni Rublo conta, soprattutto quando l'offerta culturale è sterminata e il pubblico, che mai come qui è competente e curioso, pretende sempre di più qualitativamente ma soprattutto quantitativamente.

Affiancare ad un concerto per pianoforte ed orchestra di Mozart (più il relativo bis d'ordinanza) la sinfonia n.2 di Mahler, è un azzardo che nelle tempistiche spiazza qualsiasi programmatore.

Nulla di scandaloso si intende, soprattutto quando i 1600 spettatori apprezzano senza fiatare perfettamente concentrati fino alla fine l'impegnativo programma.

Si inizia dunque con il concerto per pianoforte ed ed orchestra K466 N.20 di W.A. Mozart con un solista d'eccezione, Dmitri Masleev già vincitore del prestigioso concorso Tchaikovsky nel 2015.

L'eccellenza virtuosistica di Masleev si disvela immediatamente nel concerto più “tragicamente teatrale” dell'intero catalogo mozartiano.

Virtuosismo splendidamente calibrato in una dialettica di contrasti interni, formali che Masleev dispiega non senza dimenticare che questo lavoro fu concepito da Mozart per un pubblico di “accademici” che pagavano per assistere ai suoi concerti e che pretendevano sperimentazioni, novità musicali ed una scorrevolezza pianistica quanto più lontana possibile dal quel cembalismo ingessato che andava di moda a Vienna.

Ecco quindi un tocco fatto di brillantezza adamantina che si capovolge in un nanosecondo in un drammatico patetismo tutto contrasti dinamici risolti con le mani di un Mozart ma con la testa di un Beethoven.

Masleev risolve tutto con una tecnica impeccabile, perfettissima, che trasuda in ogni nota una carica espressiva inquietante, ad iniziare dalle sincopi che sostengono il primo tema, passando alla estrema cantabilità della Romanza intermedia,  per concludersi con impeto e vigore infuocato nel rondò finale dove il dialogo con l'orchestra è uno straordinario gioco di imitazioni nelle due tonalità minore e maggiore, concludendo in una festa gioiosa ciò che era iniziato sotto il segno del tragico.

Il pubblico russo, che lo adora, tributa a Masleev ovazioni interminabili e omaggi floreali in quantità industriali, e viene ripagato con un bis di una trascrizione per pianoforte da Bach delle sue partite per violino solo.

Della sinfonia no. 2 di Mahler si è detto tutto ed il contrario di tutto, a partire dalla genesi così tormentata e complessa per un lavoro di proporzioni ed organico così insolito che stentò a trovare una strada lineare per realizzarsi e dovette impantanarsi più volte prima di trovare la sua definitiva versione.

Entrata ormai nel repertorio delle più blasonate orchestre del mondo, la lettura che Valery Polyansky a capo della State Symphony Cappella of Russia ci ha offerto, è sbalorditivo.

Appare chiaro sin dalle prime note che questa concertazione è intesa come una esecuzione canonica priva di istrionismi non richiesti e superflui. Il primo movimento si sviluppa in una moderazione esecutiva che fa temere una prudenza eccessiva nell' impianto concertativo, ma le eventuali carenze di vivacità esecutiva sono subito compensate in colore e dettaglio e in un suono precisissimo che piace soprattutto per quel suo voler evitare dinamiche estreme che Gilbert Kaplan nella sua edizione critica aveva già ridimensionato.

Ciò nonostante nessun compromesso in termini di potenza e sonorità che invece risultano notevolissime e rende l'ascoltatore nettamente consapevole del carattere sincero e aderente al dettato mahleriano di questa orchestra.

Piace molto insomma l'approccio “umile” che Polyansky ha nel confrontarsi con la partitura mahleriana, e se per alcuni potrebbe sembrare come una carenza di carisma io trovo che sia più che altro rispetto per un lavoro tanto complesso e sofferto.

Ecco che il Laendler del secondo movimento scorre via con una leggerezza ed una trasparenza che appaiono come un sollievo se confrontate con le eccessive sottolineature espressive che si tendono ad ascoltare in esecuzioni “à la page”.

Lyudmila Kuznetzova (contralto) e Yelena Yevseyeva (Soprano) aggiungono smalto ad una esecuzione di primo ordine nonostante una dizione non da manuale negli ultimi due movimenti, come pure il coro della State Cappella Of Russia che interviene con forza drammatica nel finale.

Polyansky ha un raffinatissimo senso dell'architettura sinfonica che riesce a rendere con un suono coerente e coinvolgente, capace di ripulire una partitura troppo spesso maltrattata ed eseguita senza rispettare le indicazioni agogiche dell'autore ripulendo tutte le successive stratificazioni che hanno appannato lo splendore originale di queste note.

Non è stata sicuramente la più elettrizzante “Resurrezione” che abbia mai ascoltato, ma certamente una delle più intense e sentite.

Successo trionfale per Polyansky con ripetute chiamate al podio.

Pierluigi Guadagni