CURON/GRAUN – OPERA 2021 - TEATRO SOCIALE DI TRENTO, VENERDI’ 23 FEBBRAIO 2018

foto Michele Purin - Fond Haydn - Curon_Stampa-16.jpg

La Fondazione Haydn di Bolzano e Trento si avvia verso la fase conclusiva della stagione Opera 20.21 con due progetti teatrali consecutivi vincitori del recente Fringe Festival Opera 20.21, ospitati da Bolzano per due serate e da Trento in un unico appuntamento.

L’evento realizzato al Teatro Sociale di Trento in prima assoluta nasce da una idea dell’ OHT, Office for a Human Theatre, che da circa una decina d’anni si occupa di realizzare progetti teatrali innovativi e all’avanguardia. Curon/Graun può definirsi una ‘esperienza’ collettiva più che uno spettacolo teatrale, in quanto abbiamo assistito ad una sorta di narrazione drammatica e documentata di eventi realmente accaduti, accompagnati dalla magnifica esecuzione musicale dell’orchestra Haydn.

Il regista Filippo Andreatta ama definirla opera d’arte, intendendo evidentemente come il suo operato voglia emozionare e colpire gli animi di chi assiste, esattamente come l’arte è solita fare. Sta di fatto che in quarantacinque minuti circa, il regista in collaborazione con Paola Villani, ha raccontato dalle origini fino alla situazione attuale la vera storia della distruzione del piccolo ed antico paese di Curon, Graun in tedesco, situato in Alto Adige. Se l’arte deve essere quanto più possibile reale e vicina ai suoi fruitori, ecco che prendere un evento drammatico che ha toccato le vite di centinaia di persone e portarlo in teatro può essere un modo per ottenere un coinvolgimento emotivo senza pari, anche da parte di chi è completamente estraneo ai fatti. In quattro momenti diversi questo progetto si trasforma dall’essere prettamente divulgativo a diventare totalmente illustrativo, man mano che i minuti scorrono e si fa sempre più coinvolgente poiché si viene quasi catapultati in 3d nella storia dello sfortunato paese.

Come una sorta di introduzione ci viene raccontato su uno schermo nero e desolato sul palco, fase dopo fase, quanto fu fatto per costruire la enorme e forse inutile diga che oggi unisce i due laghi di Resia e di Mezzo, a scapito di Curon che fu letteralmente distrutto per far posto all’enorme bacino d’acqua. Ci viene narrato di come vani furono gli sforzi del sindaco, del parroco che interpellò perfino Pio XII e della popolazione che si adoperò per salvare territorio, campi, case, ma soprattutto il cuore ed i sentimenti di chi era nato e cresciuto lì. Nulla fu tenuto in considerazione ed il progetto ideato in era fascista fu terminato negli anni Cinquanta. Oggi resta solo un campanile sommerso per metà dall’ acqua, meta di turisti e sfondo per diverse foto di passanti ignari di quanto fu distrutto.

Dal campanile e dal suono ossessivo e ridondante parte il regista Andreatta per richiamare alla memoria la storia della morte di Curon. Il campanile come simbolo della distruzione, ma anche come simbolo di qualcosa che nonostante tutto resiste nel tempo e alla invasione umana. La seconda fase della narrazione ci presenta un video realizzato con un modellino del campanile, che con oltre 500 litri di acqua viene filmato mentre in una teca di vetro trasparente si inabissa totalmente, come a ricostruire quanto accaduto nella realtà. Immediatamente dopo sullo stesso schermo appare una lunga sequenza video ripresa dalla strada che si percorre in auto ove ora risiede la diga. Fase culminante della esperienza è la presenza del modello del campanile sul palco, immaginato in varie fasi della giornata rese perfettamente dalle luci di Trentini, poggiato su di un suolo che richiama il ghiaccio della diga in inverno.

La musica del compositore estone Arvo Pärt su cui è stato concepito il progetto è decisamente adatta alla descrizione in atto ed è di fatto l’elemento più emozionale data anche la sua bellezza intrinseca.  Trattasi di tre ‘Fratres’ composti negli anni Settanta del Novecento, il cui andamento grave e piuttosto ripetitivo serve a sottolineare l’avanzare dell’ondata lenta ed inesorabile che riempie la diga litro dopo litro. Il rigore dell’andamento ritmico scandito in modo lieve ma quasi sacrale dall’orchestra dona a chi ascolta una sensazione di sospensione, di attesa inquieta e quasi religiosa di un fato scritto. Il Maestro Stefano Ferrario conduce con intensa partecipazione la Haydn e con l’esecuzione solistica al violino raggiunge picchi di intensità tale da rendere commuovente ogni immagine proiettata. Tanto l’acqua immerge Curon tanto l’intensità sale e l’orchestra si fa più ampia e sonora. L’epilogo è accompagnato da un altro pezzo meraviglioso: Cantus in memory of Benjamin Britten  dello stesso autore, i cui rintocchi della campana ricordano certo quella del campanile, ma anche i rintocchi funebri di qualcosa che non c’è più. L’andamento dolente e discendente della musica accompagna le immagini definitive del campanile desolatamente solo, in un crescendo di note lunghe  e suggestive che affascinano, rapiscono.

Commuovente la testimonianza di un cittadino di Curon in platea, che ha riportato la sua difficile esperienza, così come quella di centinaia di suoi concittadini che avrebbero certamente apprezzato e si sarebbero commossi alla visone di questo documento della storia recente. Il pubblico ha partecipato e gradito quanto visto con sincero interesse.

Maria Teresa Giovagnoli

LOCANDINA

Progetto vincitore OPER.A 20.21 Fringe

Musiche di Arvo Pärt
Fratres per quartetto d’archi
Fratres per archi e percussione
Fratres per violino, archi e percussione
Cantus in memoriam: Benjamin Britten

Ideazione: Filippo Andreatta, Paola Villani
Regia:
Filippo Andreatta

Luci: William Trentini

Video: Armin Ferrari
Direzione musicale: Stefano Ferrario
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Foto Michele Purin

 

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